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Provincia di CASERTA
Capoluogo: Caserta
Scheda
- Superficie: 2.639,38 Kmq
- Abitanti: 904.197
- Densità: 342,58 ab./Kmq
- Codice ISTAT: 061
- Numero comuni: 104
Provincia di Caserta - Ambiti
DEFINIZIONE Dal punto di vista geomorfologico, demografico ed economico, la provincia si presta ad essere divisa in tre ambiti territoriali dai caratteri omogenei. Il più vasto di essi è la Terra di Lavoro, nome che fino al 1927 ha indicato l'intero comprensorio casertano, ma che dal punto di vista geografico corrisponde al medio e basso bacino del fiume Volturno, zona assai fertile nella quale fin dall'antichità si concentrano popo
lazione e risorse economiche. Caratteristiche economiche, ambientali e insediative assai differenti presenta, invece, la porzione di territorio provinciale corrispondente all'alta valle sinistra del Volturno e al versante occidentale della catena del Matese, che rappresenta l'unico territorio montuoso del Casertano. Ben distinta, a causa della sua struttura geomorfologica, risulta essere anche la zona nord-occidentale del comprensorio provinciale, occupato dall'antico complesso vulcanico di Roccamonfina.
Terra di Lavoro: Alvignano, Arienzo, Aversa, Bàia e Latina, Bellona, Caiazzo, Calvi Risorta, Camigliano, Cancello ed Arnone, Capodrise, Càpua, Carinaro, Carìnola, Casagiove, Casàl di Prìncipe, Casaluce, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castèl Campagnano, Castèl di Sasso, Castèl Morrone, Castèl Volturno, Cervino, Cesa, Curti, Dragoni, Falciano del Màssico, Formìcola, Francolise, Frignano, Giano Vetusto, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lìberi, Lusciano, Macerata Campània, Maddaloni, Marcianise, Mondragone, Orta di Atella, Parete, Pastorano, Piana di Monte Verna, Pietramelara, Pignataro Maggiore, Pontelatone, Pòrtico di Caserta, Recale, Riardo, Roccaromana, Rocchetta e Croce, Ruviano, San Cipriano d'Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Prisco, Santa Maria a Vico, Santa Maria Càpua Vètere, Santa Maria la Fossa, San Tàmmaro, Sant'Arpino, Sparanise, Succivo, Teverola, Trèntola Ducenta, Valle di Maddaloni, Villa di Briano, Villa Literno, Vitulàzio.
Matese: Ailano, Alife, Capriati a Volturno, Castello del Matese, Ciorlano, Fontegreca, Gallo Matese, Giòia Sannìtica, Letino, Piedimonte Matese, Pietravairano, Prata Sannita, Pratella, Raviscanina, San Gregòrio Matese, Sant'Àngelo d'Alife, San Potito Sannìtico, Vairano Patenora, Valle Agrìcola.
Monte Santa Croce: Caianello, Cèllole, Conca della Campània, Gallùccio, Marzano Àppio, Mignano Monte Lungo, Presenzano, Rocca d'Evandro, Roccamonfina, San Pietro Infine, Sessa Aurunca, Teano, Tora e Piccilli.
TERRA DI LAVORO
Territorio. Il cuore della provincia è occupato da una fertile e ondulata pianura di forma vagamente rettangolare, delimitata a sud dai sistemi vulcanici flegreo e vesuviano e a nord e a est da rilievi subappenninici (monte Massico, Monte Maggiore e monte Tifata). Prevalgono i terreni di origine vulcanica, cui si alternano, lungo il corso del fiume Volturno e sulla costa, bassa e uniforme, calcari e sabbie. Questa vasta pianura, da identificarsi con i Campi Laborini o CAMPI LABORIAE citati da Plinio, è una delle zone più produttive e popolose d'Italia: in conseguenza di ciò la vegetazione naturale fino ai 400-500 metri è quasi del tutto scomparsa. La flora spontanea, che permane solo sulle aree collinari poco adatte all'agricoltura per pendenza e sassosità del terreno, è rappresentata da forme più o meno degradate di macchia mediterranea (mirto, lentisco, oleastro, ginestra, asparago selvatico, cisto, euforbia), cui si aggiungono, soprattutto alle falde del subappennino (Monte Maggiore, monte Tifata), lecci, ornielli, frassini, filliree, terebinti, corbezzoli ed eriche. Un'idea approssimativa della copertura vegetale originaria, composta prevalentemente da boschi di leccio, è data dal bosco di San Silvestro presso la reggia di Caserta, voluto dai Borboni per soddisfare l'esigenza della protezione della fauna a scopi venatori. Residui dell'originario paesaggio sopravvivono anche lungo la costa (macchia mediterranea e pinete) e presso la foce del Volturno, dove abbonda una tipica vegetazione ripariale e fluviale, rifugio di una ricca avifauna, comprendente, tra le altre specie, pivieri, aironi rossi, gufi e falchi di palude e cicogne.
Comunicazioni. Il comprensorio è solcato per intero da alcuni fondamentali assi di collegamento tra la parte centro-settentrionale della penisola e quella meridionale, vale a dire dall'autostrada A1 del Sole (Milano-Roma-Napoli), dalla strada statale di grande comunicazione n. 7 Appia, che fin dall'antichità collega Roma a Brindisi, in Puglia, e dalle linee ferroviarie Roma-Cassino-Caserta e “Direttissima” Roma-Napoli; è interessato, inoltre, dalle strade statali di rilievo interregionale n. 7 quater Domiziana, che mette in comunicazione il basso Lazio con la conurbazione partenopea, n. 85 Venafrana, che collega i comuni dell'Alto Casertano con Venafro (IS), in Molise, n. 87 Sannitica, che da Napoli e Caserta conduce a Campobasso, nel Molise, e n. 7 bis di Terra di Lavoro, che si snoda tra Capua e Avellino, passando per Napoli -attualmente però il tratto compreso tra Teverola e Nola (NA) è dismesso-. Altre importanti reti di traffico sono rappresentate dall'autostrada Caserta-Salerno (A30) e dalle strade statali n. 264 del basso Volturno, che collega la piana di Caiazzo con il litorale tirrenico all'altezza di Castel Volturno, n. 162 della Valle Caudina, n. 265 dei Ponti della Valle, che congiunge Maddaloni, ovvero la periferia orientale, con il Sannio, n. 372 Telesina, che collega Benevento con l'Alto Casertano, passando per Telese Terme (BN) e Caianello, nonché dall'Asse di Supporto. Per quanto riguarda i collegamenti ferroviari, alle linee prima citate si aggiungono la Caserta-Benevento-Foggia e la Vairano/Caianello-Carpinone, anch'esse di rilievo interregionale, e diversi tracciati di importanza locale, ossia le tratte Santa Maria Capua Vetere-Piedimonte Matese, Caserta-Aversa e le linee di rilievo per lo più comprensoriale che convergono sulla località di Cancello, del comune di San Felice a Cancello (Cancello-Caserta, Cancello-Benevento, Cancello-Napoli, Cancello-Aversa, Cancello-Sarno e Cancello-Torre Annunziata); dal comune di Villa Literno si diparte inoltre la linea metropolitana Villa Literno-Napoli.
Storia. Popolata almeno sin dall'età del ferro, la Terra di Lavoro fu in seguito dimora in parte degli aurunci e in parte degli opici. Nel VI secolo a.C. gli etruschi si spinsero nel fertile territorio intorno a Capua, mentre nella seconda metà del V sec. a.C. furono i sanniti a impadronirsi della zona; questi ultimi, insediatisi in Capua, vennero chiamati KAPPANOI e Campania divenne il nome della pianura compresa tra il mar Tirreno, il monte Massico, il subappennino e la penisola sorrentina. I sanniti, mescolandosi con le popolazioni preesistenti, diedero origine a una nuova etnia, quella degli osci, dalle caratteristiche molto diverse da quelle dei rozzi progenitori rimasti nel Sannio, tanto che, quando costoro invasero nuovamente la Campania, gli osci si rivolsero per aiuti a Roma (343 a.C.); quest'ultima, dopo aver vinto tre sanguinose guerre, combattute dal 343 al 290 a.C., conquistò tutto il territorio. La dominazione romana, che durò sette secoli, fu turbata solo in occasione della seconda guerra punica, quando, dopo la sconfitta romana di Canne (216 a.C.), Capua e alcune città minori si allearono con Annibale, e, in misura ancora più ridotta, durante la guerra sociale (90-88 a.C.). Le bellezze naturali, la presenza di luoghi incantevoli per la villeggiatura, la mitezza del clima e la fertilità del suolo, che produceva in abbondanza grano, olio, frutta, legumi, vini pregiati, come il falerno, e rose per la preparazione di profumi, fecero sì che il comprensorio fosse considerato come la regione più ricca della penisola -da qui derivò l'appellativo di CAMPANIA FELIX-. Con l'eclisse dell'impero romano e le invasioni barbariche il territorio conobbe un accentuato declino economico e sociale e parte di esso cadde in abbandono e si impaludò. Nel VI secolo fu incluso per gran parte nel ducato (poi principato) longobardo di Benevento e dall'840 fu compreso nel ducato di Capua, destinato a divenire uno dei più importanti stati dell'Italia meridionale (nel 900, con la conquista di Benevento da parte di Atenolfo I, esso fu elevato al rango di principato e nei primi decenni dell'XI secolo i suoi possedimenti arrivarono a comprendere Gaeta e Napoli). La politica espansionistica dei principi di Capua spinse il duca di Napoli Sergio IV a richiedere l'appoggio del normanno Rainulfo Drengot, che come ricompensa ricevette la contea di Aversa (1030); quest'ultima rappresentò il primo possedimento normanno in Italia e divenne il punto di partenza dell'espansione normanna nel Mezzogiorno -nel 1062 i suoi signori divennero anche principi di Capua-. Nel 1156 il comprensorio fu unito al regno normanno di Sicilia e sotto i sovrani della dinastia sveva fece parte del giustizierato di Terra di Lavoro; in seguito, al pari del resto della regione, subì le dominazioni degli Angioini, degli Aragonesi (dal 1443 al 1504) e degli spagnoli (fino al 1707). Sotto il governo dei viceré spagnoli si diede inizio a un grandioso progetto di bonifica della Terra di Lavoro, che prevedeva l'esecuzione di un complesso di opere denominate Regi Lagni; tuttavia, la bonifica, cominciata nel 1539 e ripresa tra il 1610 e il 1616, è stata completata e perfezionata solo nel Novecento. Con l'avvento dei Borboni, Caserta, scelta nel 1750 da Carlo III come sede di una nuova, magnifica reggia ed elevata al rango di capoluogo della Terra di Lavoro nel 1818, divenne il centro più importante del comprensorio. Nell'ottobre del 1860 presso le rive del fiume Volturno, teatro già in passato di battaglie, si svolse la fase conclusiva della spedizione dei Mille: i violenti scontri tra le truppe garibaldine e quelle borboniche nell'area compresa tra Capua, Caiazzo, Maddaloni, Caserta, Castel Morrone e Santa Maria Capua Vetere portarono alla fine della dominazione borbonica nell'Italia meridionale.
Struttura socio-economica. Grazie alla felice posizione geografica, in Terra di Lavoro si concentra la maggior parte della popolazione e delle risorse economiche della provincia. L'elevata fertilità del suolo bonificato ha favorito l'agricoltura intensiva, che alimenta uno dei comparti industriali trainanti, ovvero quello della trasformazione dei prodotti agricoli; le principali produzioni sono rappresentate da canapa, cereali, ortaggi, frutta, fiori, legumi, tabacco, olive e uva da tavola e da vino. Alla viticoltura si collega la produzione di rinomati vini doc, quali l'Asprino di Aversa e il Falerno del Massico; assai diffuso e fiorente, inoltre, è l'allevamento di bovini, di bufale da latte, dalle quali si ricavano le pregiate mozzarelle, e di ovini. Nell'ambito del settore secondario, che ha i suoi principali poli produttivi nel capoluogo provinciale, in Aversa, in Capua, in Santa Maria Capua Vetere e nei loro dintorni, spiccano, oltre a quello alimentare, i comparti delle confezioni, tessile, del legno, metallurgico, dei materiali da costruzione, meccanico, automobilistico, ferrotranviario, dei prodotti farmaceutici, elettronico, degli aeromobili e veicoli spaziali. Nell'ambito del terziario si segnala la vivacità del turismo, che, oltre al litorale e al capoluogo provinciale, interessa oggi anche le aree interne dotate di bellezze naturali, archeologiche e storico-architettoniche. Il capoluogo provinciale, Aversa e Santa Maria Capua Vetere rappresentano i poli burocratico-amministrativi e commerciali del comprensorio.
MATESE
Territorio. Essendo occupato prevalentemente dal versante occidentale del massiccio montuoso del Matese e per la parte restante dalla piana di Alife, corrispondente alla media valle del fiume Volturno, questo comprensorio, a differenza del resto della provincia, presenta un profilo geometrico assai vario e notevoli oscillazioni altimetriche. Mentre in pianura il paesaggio naturale è stato completamente trasformato dall'uomo, sui rilievi, per via dell'altitudine elevata e delle caratteristiche del terreno, persiste l'ambiente originario, costituito da vasti boschi di faggio dal ricco sottobosco (agrifoglio e, tra i fiori, ciclamini, ranuncoli, crochi e bucaneve), popolati da una fauna abbondante e variegata -oltre a lepri, volpi, faine, donnole e tassi ne fanno parte anche specie rare, quali il gatto selvatico, il lupo, il cinghiale, l'aquila reale e il corvo imperiale-. La porzione montuosa del territorio è sede inoltre di
accentuati fenomeni carsici, quali doline, inghiottitoi, fiumi sotterranei (parte del corso del fiume Lete), grotte e sorgenti pedemontane; di origine carsica è anche il lago del Matese, le cui rive acquitrinose rappresentano l'habitat ideale di numerosi uccelli acquatici (falco di palude, nibbio bruno, moretta, airone cinerino, germano reale e martin pescatore).
Comunicazioni. Completamente escluso dalla rete autostradale, il comprensorio è carente di importanti vie di comunicazione, cosa che determina un certo isolamento per alcuni comuni: la statale n. 158, che corre per buona parte nell'ampio fondovalle del medio Volturno, e la sua diramazione, che punta verso l'interno del massiccio del Matese, rappresentano i principali assi viari del comprensorio. La linea ferroviaria in concessione Santa Maria Capua Vetere-Piedimonte Matese completa il panorama delle infrastrutture delle comunicazioni.
Storia. Il ritrovamento di reperti risalenti al paleolitico e al neolitico dimostra che il comprensorio fu abitato fin dalla preistoria; in seguito divenne dimora dei pentri, popolo di stirpe sannitica, e nel IV secolo a.C. fu conquistato dai romani. Nell'alto Medioevo la zona fu annessa al ducato longobardo di Benevento; nel IX secolo subì le scorrerie dei saraceni, che dalle loro basi situate presso la foce del fiume Garigliano si spinsero anche in questi luoghi, e successivamente la sua parte nord-occidentale entrò per un certo periodo nella sfera di influenza dell'abbazia di Montecassino. In seguito il territorio fu conquistato dai normanni e seguì le sorti del resto della provincia fino all'unità d'Italia. Tra le varie famiglie nobiliari che nel corso dei secoli esercitarono il loro potere su queste terre si ricordano i ghibellini D'Aquino, i conti Pandone di Venafro, i Gaetani d'Aragona e i Carafa. Nel 1877, i monti del Matese furono teatro del tentativo, compiuto da un gruppo di socialisti anarchici guidato da Carlo Cafiero, di provocare un'insurrezione contadina, preludio, secondo i loro progetti, a una rivoluzione sociale di più ampia portata; tuttavia, dopo pochi giorni la banda, non essendo riuscita a ottenere l'appoggio della popolazione locale, dovette arrendersi all'esercito italiano.
Struttura socio-economica. Le attività economiche tipiche di questo comprensorio (coltivazione di cereali, frutta, patate, olive e uva, allevamento di ovini, bovini e suini, con connessa produzione di formaggi e insaccati, e silvicoltura) sono oggi integrate dal turismo, che conta su notevoli attrattive di carattere storico-architettonico e naturalistico, intelligentemente sfruttate mediante la costruzione di nuove strade, il miglioramento di quelle esistenti e il potenziamento dell'apparato ricettivo. Piuttosto ridotto, invece, è il contributo dell'industria all'economia locale: tra i comparti presenti figurano quelli alimentare, metallurgico, della carta e del legno. L'artigianato è specializzato soprattutto nella lavorazione del rame e del ferro ma produce anche oggetti in vimini, pizzi e ricami. Piedimonte Matese rappresenta un fondamentale punto di riferimento per i comuni di questo comprensorio in materia di rapporti con le istituzioni e consumi.
MONTE SANTA CROCE
Territorio. Dal punto di vista geomorfologico questo territorio appare piuttosto vario: il suo nucleo è occupato dall'antico complesso vulcanico di Roccamonfina, costituito da un'ampia cinta craterica di 5-6 km di diametro e da un cono centrale, di formazione più recente, che culmina a poco più di mille metri di quota con il monte Santa Croce; a occidente del vulcano estinto si distende la piana alluvionale creata dal fiume Garigliano, separata da quella del fiume Volturno dal monte Massico, mentre la sezione settentrionale del territorio è occupata da rilievi antiappenninici di natura calcarea, comprendenti i monti Sambucaro e Cesima. Le dolci pendici dell'antico vulcano sono ricoperte in gran parte da colture ma conservano ancora vasti boschi di cerri, ontani neri e faggi e pregiati castagneti dal ricco sottobosco (orchidee, narcisi, asfodeli, sigilli di Salomone e gerani). Anche lungo il litorale, nonostante l'intenso sfruttamento balneare degli arenili, persistono resti di vegetazione spontanea, soprattutto presso la foce del Garigliano, dove i residui di macchia mediterranea bassa e di flora acquatica sono stati rimpinguati con rimboschimenti di pino marittimo.
Comunicazioni. Le strade statali di grande comunicazione n. 6 Casilina e n. 7 Appia, che fin dall'antichità hanno svolto un ruolo fondamentale nelle comunicazioni tra Roma e l'Italia meridionale, rappresentano, insieme all'autostrada A1 del Sole (Milano-Roma-Napoli), le principali arterie della struttura urbana, residenziale e produttiva del comprensorio; ad esse si aggiungono alcuni tracciati viari di rilievo locale, quali la statale n. 608 di Teano, che si snoda fra la statale n. 7 Appia e l'autostrada A1 del Sole (Milano-Roma-Napoli), servendo il versante sud-orientale del massiccio del monte Santa Croce, e la n. 430 della valle del Garigliano, che corre parallela e contigua al corso del fiume Garigliano, alle pendici nord-occidentali dell'antico vulcano. Una breve porzione occidentale del territorio, inoltre, è solcata dalla statale di rilievo interregionale n. 7 quater Domiziana, che collega la conurbazione partenopea con il basso Lazio, e dalla linea ferroviaria “Direttissima” Roma-Napoli; il versante nord-orientale del monte Santa Croce è invece lambito dalla linea ferroviaria Roma-Cassino-Caserta.
Storia. Il comprensorio fu popolato in epoca preromana da aurunci e sidicini: i primi, stanziati tra i monti di Roccamonfina e la costa tirrenica, furono sottomessi dai romani nel 375 a.C. e la loro capitale fu trasformata in colonia latina con il nome di SUESSA AURUNCA; i sidicini, che ebbero il loro centro principale in Teano (TEANUM SIDICINUM), di fronte alla minaccia di una nuova invasione sannita nella pianura campana, sollecitarono, insieme con Capua, l'intervento di Roma, offrendosi come sudditi: tale richiesta di aiuto fu all'origine della prima guerra sannitica
(343-341 a.C.). In epoca alto-medievale una piccola parte del territorio fu soggetta all'abbazia di Montecassino mentre il resto di esso appartenne ai principi longobardi di Benevento e di Capua: Teano, in particolare, divenne capoluogo di una vasta contea. Nel secolo XI la zona subì le disastrose incursioni dei saraceni, che avevano fondato una colonia fortificata presso la foce del fiume Garigliano, poi distrutta nel 915 da una spedizione organizzata da papa Giovanni X. Nei secoli successivi il comprensorio seguì le sorti del resto della provincia e appartenne, tra gli altri, ai Marzano -che secondo alcuni studiosi trassero il nome proprio dal feudo che amministrarono-, alla famiglia Fieramosca e al suo più illustre esponente, Ettore, l'eroe della disfida di Barletta, nonché al capitano spagnolo Consalvo di Cordova, che si fregiò del titolo di duca di Sessa. Il 26 ottobre 1860 Teano fu teatro dello storico incontro tra Garibaldi, che con la vittoria del Volturno (1-2 ottobre 1860) aveva concluso la liberazione del mezzogiorno, e Vittorio Emanuele II, salutato come primo re d'Italia -secondo studi recenti l'incontro sarebbe avvenuto in realtà nei pressi della località di Taverna della Catena, nell'attuale comune di Vairano Patenora-. Dopo l'unificazione la zona fu interessata dal fenomeno del brigantaggio e nel Novecento visse con particolare intensità la durezza del secondo conflitto mondiale: nel dicembre del 1943 si svolse a Monte Lungo (Mignano Monte Lungo) un aspro scontro tra l'esercito regolare italiano, appoggiato da truppe americane, e le forze tedesche, attestate sulle alture che fiancheggiavano il fiume Garigliano.
Struttura socio-economica. Le tradizionali attività silvicole rivestono ancora oggi un ruolo significativo nell'economia del comprensorio. La zona di Roccamonfina è conosciuta da secoli per la coltivazione del castagno: la varietà Tempestiva, detta anche Precoce di Roccamonfina per la precocità di maturazione, è la più apprezzata tra quelle coltivate nell'area ed è in attesa del riconoscimento del marchio Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.); i castagneti forniscono anche legno destinato all'industria nonché pregiati prodotti del sottobosco, in particolare funghi (porcini, ovuli e tartufi neri). Di particolare rilievo sono, inoltre, la coltura del ciliegio e dell'olivo e la viticoltura, che produce rinomati vini doc. Le attività industriali, concentrate a Sessa Aurunca e a Teano, comprendono i comparti elettronico, metalmeccanico (carrozzerie per autoveicoli), della produzione e distribuzione dell'energia elettrica, della gomma e della plastica, delle confezioni e dei materiali da costruzione; ancora diffusa è inoltre la produzione artigianale di manufatti in legno (cesti e barili a Marzano Appio, botti e tini a Tora e Piccilli), di ceramiche, terrecotte e oggetti in ferro battuto (a Rocca d'Evandro) e stuoie (a San Pietro Infine). La valorizzazione delle attrattive ambientali del Parco naturale regionale Roccamonfina-Foce del Garigliano ha determinato il recente sviluppo del turismo ecologico, che si è affiancato a quello balneare di più antica tradizione. Sessa Aurunca rappresenta il principale polo di attrazione commerciale del comprensorio; insieme a Teano, inoltre, è anche un polo burocratico-amministrativo.
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