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TARTUFO
Approfondimento
Approfondimento: TARTUFO
Fungo sotterraneo (terrae tuber = 'tubero di terra') dalla forma di tubero, possiede un profumo penetrante che lo rende molto ricercato per preparazioni gastronomiche di pregio. È costituito dal corpo fruttifero (sporocarpo o ascocarpo) di funghi che compiono il loro intero ciclo vitale sottoterra (funghi ipogei) ed è formato da una parete esterna, detta peridio (dall'aspetto liscio o sculturato, di colore chiaro oppure scuro) e da una massa interna, la gleba (di colore variabile dal bianco al marrone, al grigio, al rosa, al nero), percorsa da venature più o meno ampie e ramificate che delimitano alveoli in cui sono immerse molte grosse cellule (gli aschi) contenenti le spore. Ve ne sono circa dieci diversi tipi: quello bianco è tipico del Piemonte e di Alba, in particolare, come di altre zone delle Langhe, più estesamente; quello nero è tipico delle zone umbre e marchigiane. Il tartufo bianco d'Alba o d'Acqualagna, definito anche bianco pregiato, appartiene alla specie tuber magnatum pico, la più pregiata in Italia, quella che ha sempre mantenuto il primato e i prezzi più elevati; fra le altre specie che si raccolgono in Italia si trovano: il tuber melanosporum (tartufo nero di Norcia e Spoleto o nero pregiato); il tuber borchii (bianchetto o marzuolo); il tuber aestivum (scorzone), di cui l'uncinatum fischer è una varietà ormai classificata come specie dalla legge italiana; il tuber brumale (tartufo invernale), con la sua varietà moschatum ferry, e il profumato tuber macrosporum (nero liscio). L'identificazione della specie di tartufo è resa possibile dall'esame delle caratteristiche morfologiche del peridio, della gleba, degli aschi e delle spore, e dall'analisi della dimensione e dei caratteri organolettici. In taluni casi può essere necessario l'esame microscopico degli aschi e delle spore, che possono essere reticolate, alveolate o spinulate. Attualmente dagli esami biomolecolari è possibile osservare i tartufi in tutte le fasi del loro sviluppo. Le caratteristiche del tuber magnatum pico sono date dalla forma globosa, spesso anche molto appiattita e irregolare, dal peridio giallo pallido o anche ocraceo, con chiazze rosso-brune (mai grigio), liscio o lievemente papillato, dalle spore alveolate. Il colore della gleba, percorsa da numerose venature bianche, molto ramificate, varia dal bianco latte al rosa intenso. Il sapore e il profumo del bianco d'Alba ne hanno fatto la fortuna in tutto il mondo. Viene consumato crudo. Non appena i colori autunnali, che vanno dal giallo dorato al rosso carminio, cominciano ad annunciare l'autunno, al termine della vendemmia, nelle Langhe è possibile andare a caccia di tartufi. Oltre che nelle regioni del centro nord dell'Italia, si trova unicamente in Istria e si trova nella tarda estate, in autunno e all'inizio dell'inverno sotto querce, salici, pioppi, tigli e in terreni con umidità piuttosto elevata anche nel periodo estivo. Anticamente anche con maiali, attualmente essenzialmente con cani addestrati e tenuti a digiuno perché se ne accrescano fiuto e sensibilità, durante la notte i "trifolau" si lasciano accompagnare alla ricerca del prezioso tubero, i cui pezzi più grandi sono i più pregiati e costosi (possono superare il migliaio di euro al chilogrammo). Le sue dimensioni possono raggiunge ma anche superare quelle di una grossa mela: ogni anno ne vengono raccolti pochi esemplari che superano abbondantemente il chilogrammo. Protagonista delle esposizioni del mercato di Alba e di tante altre fiere che si tengono da ottobre a novembre inoltrato nella zona delle Langhe, il tartufo bianco si discosta da quello nero in quanto molto più poroso: è il motivo per il quale non va lavato, perché si rovinerebbe assorbendo l'acqua; va infatti ripulito dalla terra con un apposito spazzolino duro e quindi viene pulito ulteriormente con un canovaccio umido. Per l'utilizzo a tavola viene affettato molto sottilmente con l'utensile apposito ed è apprezzabile al meglio se posto a lamelle sul cibo caldo. Ha valori nutrizionali che non lo distinguono da altri alimenti per peculiarità notevoli: 100 grammi di tartufo apportano circa 31 calorie e quantità minime di fosforo (62 mg); calcio (24 mg); ferro (3,5 mg); niacina (2 mg); vitamina C (un mg) e tracce di vitamina B1 e B2. La sua forza è nella profumazione che conferisce a carni crude, uova, risotti e ai tipici "tajarin" (tagliatelle sottili). Il fondo delle valli e le aree collinari non troppo siccitose costituiscono l'ambiente ideale per il tuber magnatum, che preferisce terreni dai caratteri derivanti dalle rocce che hanno contribuito a formarli, di tipo argilloso-calcareo, più o meno compatti, talvolta più compatti in superficie ma con lo strato sottostante più leggero; in questo caso sono misti a sabbia grossolana o anche a ciottoli ma a sottosuolo compatto, che favorisce lo sviluppo delle radici superficiali: in genere derivano da marne e arenarie calcaree e sono quindi ricchi di carbonato di calcio. È importante che siano liberi da sterpaglia e con umidità generalmente buona, siano essi prativi o con scarsa vegetazione. Il terreno argilloso-calcareo, non troppo asciutto, è, poi, condizione favorevole anche per le piante simbionti: farnia, cerro, rovere, roverella, pioppo nero, pioppo bianco, carolina, tremolo, salicone, vimine, salice bianco, tiglio, carpino nero e nocciolo. Se l'esposizione non è determinante, è da rilevare che sono state osservate ottime raccolte in terreni esposti a nord, nord-ovest. V. anche FIERA DEL TARTUFO