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Provincia di LODI
Capoluogo: Lodi
Scheda
- Superficie: 782,25 Kmq
- Abitanti: 223.630
- Densità: 285,88 ab./Kmq
- Codice ISTAT: 098
- Numero comuni: 61
Provincia di Lodi - Statistiche
Territorio. Posta a metà strada fra la catena delle Alpi e i rilievi appenninici, la provincia si è formata dal distacco, sancito nel 1992, di 61 comuni da quella di Milano; si estende per circa 782 chilometri quadrati, tra le province di Pavia a ovest, Milano a nord, Cremona a est e Piacenza (Emilia-Romagna) a sud. Il fiume Adda (a est), il fiume Lambro (a nord-ovest), il Canale Muzza (nella zona settentrionale) e la parte del fiume Po compresa fra il Lambro e le foci dell'Adda costituiscono confini naturali. Occupa una fascia di territorio, con andamento da nord-ovest a sud-est, al centro della pianura padana, della quale ha tutti i caratteri morfologici e paesaggistici, quali gli scorci di campagna interrotti da filari di alberi, in prevalenza pioppi ma anche platani, robinie e querce. Dal punto di vista geologico è costituita dai depositi alluvionali formatisi nel Pleistocene superiore; in particolare, dalla sedimentazione di sabbie marine, ghiaia e limi argillosi hanno tratto origine i modesti rilievi del territorio: le colline di Graffignana e quelle di Miradolo. Ricchissima di risorse idriche e formata in gran parte da terreni bonificati, è attraversata da grandi vie d'acqua: i fiumi Po, Adda, Lambro, cui si affiancano corsi minori, quali, ad esempio, il Sillaro e il Brembiolo. Una nota a parte merita il Canale Muzza, spina dorsale del sistema irriguo provinciale: nasce a Cassano d'Adda e si riversa nel fiume Adda a Castiglione d'Adda, alimentando un numero di rogge. Il suo corso è regolato da una diga e da sfioratori. All'abbondanza di acque è dovuta la coltura "a marcite", la tecnica (introdotta dai benedettini) per cui i prati, durante l'inverno, vengono di continuo allagati per evitare che subiscano gli effetti negativi dovuti alle basse temperature. Ciò consente all'erba di crescere in fretta, appena terminate le gelate, e agli allevatori di avere foraggio per uso zootecnico, già nel mese di marzo. Le risorse ambientali sono ingenti e pregevoli: da qui la decisione di proteggerle, sottoponendo a vincoli di tutela decine e decine di chilometri quadrati, con la creazione del Parco Adda Sud (classificato come fluviale ed agricolo) ricco di uccelli e mammiferi e attraversato da percorsi guidati per consentirne l'utilizzo da parte dei cittadini: in particolare, risultano interessanti gli itinerari ciclabili denominati "i santuari dell'Adda" e quelli "della bassa pianura fluviale". Gli importanti ecosistemi che costituiscono il Parco (le lanche, le mortizze, il fiume e i boschi) sono suddivisi in riserve naturali (orientate, parziali zoologiche, parziali botaniche e parziali biologiche). Ai fini di promuovere e valorizzare l'intero patrimonio, vengono organizzate attività sociali e ricreative che, coniugate con quelle agricole, concorrono alla tutela del territorio. I percorsi sono visitabili (oltre che a piedi) in bicicletta, a cavallo, in canoa, in itinerari di esplorazione delle testimonianze storico-architettoniche, oltre che naturalistiche. Anche il clima è influenzato dall'abbondanza delle acque: i rilievi montuosi che abbracciano la pianura padana non favoriscono un'abbondante ventilazione; l'elevato grado di umidità si traduce in afa (durante l'estate) e in nebbia (in inverno). Conseguenze positive di un clima siffatto (non soggetto a grossi sbalzi di temperatura) si avvertono nell'abbondanza delle colture agricole. Il territorio del comune di San Colombano al Lambro (MI) è inserito geograficamente in quello lodigiano. Nello stemma, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, una partitura, smaltata di verde e tagliata in diagonale da una sbarra d'argento, indica la caratteristica geomorfologica del Lodigiano: i campi e i fiumi, due elementi che riflettono anche l'opera di generazioni di uomini che con fatiche immani nei secoli hanno letteralmente "manufatto" la terra segnata ai confini da Adetta, Lambro, Adda e Po. L'altra partitura è rossa e riprende lo stemma del capoluogo provinciale, croce rossa in campo aureo, invertendone i colori per un motivo di accostamento al verde.
Comunicazioni. La provincia è attraversata in tutta la sua lunghezza dall'Autostrada del Sole, la A1 Milano-Napoli, cui si accede dai caselli di Lodi, Casalpusterlengo e Piacenza Nord. La viabilità ordinaria ha il suo asse portante in una strada di epoca romana, la strada statale n. 9 Emilia, che da Milano raggiunge Rimini; ad essa si affiancano altre strade statali che congiungono i principali distretti regionali limitrofi e una rete di strade provinciali atta a garantire collegamenti di buona qualità, occasionalmente disturbati solo dal fenomeno della nebbia. La linea ferroviaria Milano-Bologna, che attraversa tutto il territorio, è una delle più importanti nel sistema nazionale di trasporto su ferro; da essa, a Casalpusterlengo, si diparte il collegamento ferroviario con Pavia. Non vi sono aeroporti interessati dal traffico di linea né porti di rilievo, visto lo scarso peso assunto dalla navigazione nelle acque interne per il trasporto di merci e passeggeri, sebbene il fiume Po abbia in passato assolto anche questa funzione.
Storia. Il ritmo incessante delle attività agricole e gli imponenti lavori di bonifica e di canalizzazione, di cui furono artefici gli ordini monastici benedettino e cistercense, rende la provincia di Lodi alquanto povera di rinvenimenti archeologici preistorici e protostorici. Non mancano, tuttavia, testimonianze riferibili alla prima Età del ferro e, in particolare, alla cosiddetta cultura di Golasecca. Frammenti di provenienza etrusca attestano il passaggio di rotte commerciali lungo il tracciato di quella che sarebbe poi divenuta la consolare VIA AEMILIA. I galli boi, cui la tradizione storiografica romana attribuisce la fondazione di LAUS POMPEIA, vennero poi sospinti più a sud dagli insubri, costretti a cedere il campo ai romani dopo la battaglia di CLASTIDIUM, la conquista di MEDIOLANUM e la deduzione di colonie latine a Piacenza e Cremona. Il crollo dell'impero romano d'Occidente segnò l'inizio di un periodo di forte recessione economica: il passaggio di visigoti, vandali, unni, eruli e goti cancellò le tracce della centuriazione e della sistemazione idraulica promosse dai romani. L'invasione dei longobardi, che nel IX secolo cedette il passo a quella dei franchi, inaugurò un periodo di rinascita economica e sociale, che si concretizzò nella fondazione di abbazie e monasteri che, per la ricchezza dei terreni di cui disponevano, godevano di particolari favori presso gli imperatori: un privilegio che non mancò di suscitare la rivalità del vescovo milanese Ariberto d'Intimiano e, più in generale dei milanesi, che, nel 1111, devastarono Laus (antico nome di Lodi) e privarono la popolazione del diritto di ricostruire le mura. L'alleanza con Federico Barbarossa scatenò una nuova violenta reazione dei milanesi, che preluse alla ricostruzione di Laus (antico nome di Lodi) in posizione strategicamente più sicura sul monte Cuzzone (o Eghezzone). Morto Federico I, Ottone IV di Brunswik coinvolse i comuni nella sua contesa contro il potere degli Svevi, che ebbe ripercussioni anche nelle lotte tra le singole fazioni all'interno delle comunità locali. A Lodi si fronteggiarono il partito popolare dei guelfi, capitanato dalle nobili famiglie dei Sommariva e dei Fissiraga, e quello nobiliare dei ghibellini, che faceva capo agli Overgnaghi. I violenti tumulti resero necessario il ripetuto intervento neutrale di podestà stranieri; molti di questi furono milanesi, il che consentì alla città ambrosiana di allargare la sua sfera d'influenza fino a Lodi, che, agli inizi del XIV secolo, perse la sua secolare indipendenza, entrando nell'orbita dei Visconti. Gli Sforza si sostituirono ai Visconti e, intorno alla metà del XVI secolo, con la morte dell'ultimo duca Francesco II, Lodi e il suo contado furono incorporati per volere dell'imperatore e re di Spagna nella monarchia asburgica, che coincise con un periodo di decadenza, cui seguì un periodo di ripresa, nel secolo successivo, con l'annessione all'Austria. Alla breve parentesi napoleonica e alla restaurazione austriaca seguirono i moti risorgimentali e l'annessione al Regno di Sardegna (e quindi al Regno d'Italia), che segnò la soppressione dell'autonomia della provincia lodigiana, i cui comuni furono distribuiti tra Milano e Cremona.
Struttura socio-economica. Il 75% del territorio provinciale è utilizzato a scopo agricolo e decisamente agricola è la vocazione della provincia, al punto che i primi stabilimenti industriali, sorti alla fine dell'Ottocento, erano specializzati nella produzione di strumenti agricoli e nella trasformazione alimentare; ancora oggi l'industria alimentare, e quella lattiero-casearia in particolare, rappresentano voci importanti nel panorama delle attività del settore secondario. Già dagli anni Venti del XX secolo il grana lodigiano veniva prodotto dai caseifici a conduzione familiare, diffusi in tutto il territorio provinciale. Mercato naturale, oltre che per i formaggi anche per le carni pregiate della zona sono il Milanese e il Piacentino (Emilia-Romagna). La maggior parte del territorio agricolo è destinata alle colture foraggere, a scapito dei frutteti e dei cereali, che occupano un posto di minor rilievo (la viticoltura, poi, è presente solo a Graffignana); la spiegazione sta nel grande sviluppo dell'allevamento bovino e suino, che interessa quasi la metà delle aziende agricole, con centinaia di migliaia di capi di bestiame. L'organizzazione della produzione agricola, in quella particolare comunità di vita e di lavoro che è la cascina lodigiana, ha dato vita ad un autentico modello sociale ed economico, ancora oggi al centro di studi sociologici ed architettonici. L'industria, di dimensioni normalmente medio-piccole e sviluppatasi solo dagli anni Sessanta del XX secolo, è distribuita sul territorio in modo abbastanza omogeneo, con qualche fenomeno di concentrazione intorno a Somaglia, Borgo San Giovanni e ai poli principali degli ambiti sub-provinciali; in ragione delle sue dimensioni offre un contributo modesto all'occupazione e non è in grado di evitare il fenomeno del pendolarismo. È particolarmente sviluppata quella manifatturiera (per esempio, lavorazione dei metalli), oltre a quella alimentare. I comparti maggiormente rappresentati sono quelli della chimica, industriale e farmaceutica, della plastica, della meccanica, dei materiali da costruzione e dei prodotti di cava, del legno e dell'edilizia. Il terziario, generalmente piuttosto sviluppato, conta su una rete commerciale che mostra i segni della trasformazione dalla struttura capillare, fondata sui piccoli punti vendita al dettaglio, alla concentrazione della rete di vendita nei punti della grande distribuzione, moltiplicatisi negli ultimi anni a scapito dei piccoli negozi, secondo un modello assai diffuso nel Paese. Un cenno a parte merita l'artigianato, che ha nell'edilizia e nei prodotti della meccanica, del tessile, della pelle e del cuoio i suoi punti di forza: l'impresa artigiana costituisce una risorsa importante per l'economia provinciale ed è una realtà ben consolidata, grazie anche al lavoro degli enti di cooperazione ed associazionismo tra gli imprenditori. Da questi sono nate anche scuole di formazione ed avviamento professionale che, mantenendo uno stretto contatto con il mondo del lavoro, riescono a dare un contributo importante al pieno impiego della forza lavoro.
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