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PICENI
Approfondimento
Approfondimento: PICENI
Popolazione italica derivata da una tribù umbro-sabellica che in età protostorica, nel IX-VIII secolo a. C., lasciò la Sabina in seguito alla proclamazione di una "primavera sacra" e, sotto la guida di un picchio (PICUS), uccello sacro a Marte da cui sarebbe derivato il nuovo nome del popolo, migrò nella regione compresa fra la catena appenninica a ovest, il mare Adriatico a est, il fiume Esino a nord e il fiume Salinello a sud, chiamata successivamente Piceno dai romani; qui tra l'VIII e il IV secolo a. C. si sviluppò una civiltà dai caratteri originali e autonomi. Nelle fonti greche e latine, che si hanno solo a partire dal 268 a. C., anno della conquista romana, i piceni sono attestati anche con il nome di picenti; è quindi considerata arbitraria la distinzione che alcuni studiosi moderni fanno tra il nome di piceni, intesi come gli abitanti del Piceno in età protostorica, e il nome di picenti, intesi come gli abitanti di questa regione in età romana. È inoltre inesatta la teoria secondo la quale i piceni avrebbero un'origine non indoeuropea e proverrebbero da zone transadriatiche della penisola balcanica; al contrario è da ritenere valida la tesi secondo la quale la civiltà picena, per via dei suoi traffici commerciali, fu aperta a diverse influenze culturali, quali quella dei popoli illirici durante la fase arcaica (che va dall'VIII alla metà del VI secolo a. C.) e quelle degli etruschi, degli apuli e dei greci nella fase più recente (che va dalla metà del VI agli inizi del IV secolo a. C.). Tra i numerosi e fiorenti centri fondati dai piceni si ricordano AUSCULUM (Ascoli), che fu la loro capitale, AUXIMUM (Osimo), CASTRUM NOVUM (Giulianova), CASTRUM TRUENTINUM (Martinsicuro), CUPRA MARITIMA, FIRMUM (Fermo). Nel 299 a. C. i piceni strinsero un'alleanza con Roma; tuttavia, fieri e bellicosi com'erano, nel 268 tentarono di liberarsi con le armi da questo vincolo di sudditanza ma furono sconfitti dai consoli romani Publio Sempronio Sofo e Appio Claudio Rufo: alcuni di loro vennero incorporati nello stato romano, altri chiamati picentini in Livio e in altre fonti romane vennero deportati nella piana del fiume Sele, nell'attuale provincia di Salerno, in Campania; in questo luogo, che da essi prese il nome di agro picentino, fondarono il centro di PICENTIA. L'unica città a rimanere indipendente fu Ascoli, che divenne alleata dei romani. Al tempo della guerra annibalica i piceni rimasero fedeli a Roma mentre durante la guerra sociale (I secolo a. C.) furono tra i primi italici a ribellarsi. Le testimonianze scritte della cultura picena risalgono al periodo che va dall'inizio del VI secolo alla fine del IV a. C. e sono distinte in iscrizioni nord-picene, o di Novilara, e sud-picene, rinvenute nelle Marche meridionali e nell'Abruzzo settentrionale. Questi testi sono scritti in un alfabeto derivato dall'etrusco e decifrato parzialmente solo di recente. L'organizzazione sociale dei piceni era strutturata in comunità tribali, in cui predominava una casta aristocratica guerriera, sostituita negli ultimi decenni del V secolo a. C. da una classe che controllava i traffici commerciali per mare e per terra; sempre nello stesso secolo l'ordinamento politico, che era stato fino ad allora di tipo monarchico, divenne di tipo repubblicano, con cariche elettive. Le necropoli rinvenute nei pressi degli abitati testimoniano che i piceni praticavano il rito funerario dell'inumazione singola all'interno di fosse di forma rettangolare scavate nella terra; le sepolture monumentali, che potevano contenere una o più fosse sepolcrali, erano delimitate da circoli di pietre sormontati da tumuli di terra o di pietre e contenevano preziosi corredi. Per quanto riguarda la religione, è da notare, almeno nella fase arcaiaca, la mancanza di testimonianze di luoghi di culto collettivi e pubblici e la presenza di forme di culto domestico e privato, legate ai valori del casato e della stirpe tipici di una società aristocratica guerriera.