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ABBAZIA DEI SANTI PIETRO E ANDREA DELLA NOVALESA
Approfondimento
Approfondimento: ABBAZIA DEI SANTI PIETRO E ANDREA DELLA NOVALESA
Posta nella valle di Susa e fondata dal nobile franco Abbone nel 726, è stata rivalutata dall'opera dei frati che vi sono tornati nella seconda metà del XX secolo. Con ogni probabilità i primi monaci provennero da Santa Maria di Vigeria, presso Grenoble (Francia). La loro vita comunitaria segue la dottrina e l'esempio dei primi cristiani: giurano castità, sono obbedienti ad un superiore, mettono in comune i propri beni. La loro giornata, scandita dal silenzio, è ritmata da tempi di preghiera e di lavoro. Visitata da Carlo Magno, che vi soggiornò nel 773, nell'817 ottenne da Ludovico il Pio l'imposizione della Regola di S. Benedetto; nel corso del Medioevo fu famosa come centro spirituale ma anche per la sua ricchissima biblioteca. Fra l'820 e l'845 ebbe come abate Sant'Eldrado (820 circa - 845 circa) e nel 906 fu distrutta dai Saraceni, che trucidarono alcuni monaci, tra i quali i santi Giusto e Flaviano; i monaci scampati si rifugiarono a Torino e in seguito a Breme, nella Lomellina. Sul finire del secolo X fu riaperta come priorato dipendente dal monastero di Breme, fondato nel 929; se ne sarebbe resa autonoma nel XIV secolo. I borghi circostanti (Ferrera, Novalesa e Venaus) convergono verso l'abbazia, con cui per secoli costituiscono una sorta di "diocesi" autonoma. Sul finire del XV secolo fu concessa in commenda con il titolo di priorato; soltanto nel 1599 le sarebbe stato restituito il titolo di abbazia. Dalla metà del XVII secolo fu affidata ai Foglianti, i Cistercensi riformati di S. Bernardo, che agli inizi del secolo XVIII avrebbero ricostruito la chiesa e ristrutturato parte del monastero. Sul finire del XVIII secolo subì le conseguenze della politica napoleonica: la repubblica cisalpina, incamerati i suoi beni, ne ordinò la soppressione. Nel 1802 Napoleone, avendo disposto il rifacimento della strada del Moncenisio, tramite la realizzazione di un nuovo tracciato, e volendo potenziarne l'ospizio, affidò all'abate Gabet e ad altri monaci di Tamié (Savoia) la cura di assistere i viandanti: concesse loro in dotazione il disabitato monastero di Novalesa, ove i monaci avrebbero nuovamente posto stabile dimora nel 1818. Nel 1821 il papa Pio VII aggregò alla congregazione cassinese la comunità che vi risiedeva ma, in forza della legge Siccardi del 1855, per la quale dovevano essere soppressi tutti i monasteri del regno sardo, l'anno seguente subì una nuova soppressione, a causa della quale i monaci di Novalesa il 25 ottobre 1856 furono costretti ad esulare. Comprati all'asta nel 1862, gli edifici furono destinati a usi diversi: da casa per cure idroterapiche a residenza estiva del Convitto Nazionale Umberto I di Torino. Acquistati dalla provincia di Torino nel 1973, nello stesso anno furono occupati nuovamente dai monaci, provenienti dall'abbazia di S. Giorgio di Venezia. La zona centrale è circondata da un complesso di edifici risalenti all'VIII secolo, costruiti per offrire rifugio ai viaggiatori di passaggio verso il valico francese. Raggiunse il massimo splendore in epoca carolingia; poi, a causa dei numerosi saccheggi, ne iniziò il lento declino. L'antica chiesa, un tempo dedicata a San Pietro, è attualmente intitolata alla Madonna Assunta: presenta una facciata barocca. Il campanile è del 1712. Attualmente nell'abbazia i benedettini hanno istituito un laboratorio di restauro di libri e documenti antichi.