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Provincia di TARANTO
Capoluogo: Tàranto
Scheda
- Superficie: 2.436,67 Kmq
- Abitanti: 580.481
- Densità: 238,23 ab./Kmq
- Codice ISTAT: 073
- Numero comuni: 29
Provincia di Taranto - Ambiti
DEFINIZIONE L’analisi della capacità di attrazione e del raggio d’influenza dei centri principali del territorio provinciale, unita all’individuazione di caratteri territoriali e urbanistici unitari, consente di dividere la circoscrizione tarantina in due ambiti: le Murge Tarantine e Area Metropolitana, di cui fanno parte il capoluogo di provincia e i comuni che punteggiano l’altopiano delle Murge; la Murgia Ionica, che riunisce i comuni disposti ad anfiteatro parallelamente alla costa occidentale della provincia.
Murge
Tarantine e Area metropolitana: Avetrana, Carosino, Faggiano, Fragagnano, Grottaglie, Leporano, Lizzano, Manduria, Martina Franca, Maruggio, Monteiasi, Montemesola, Monteparano, Pulsano, Roccaforzata, San Giorgio Jonico, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Statte, Taranto, Torricella.
Murgia
Ionica: Castellaneta, Crispiano, Ginosa, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello, Palagiano.
MURGE
TARANTINE E AREA METROPOLITANA
Territorio. L’area comprende un’importante porzione della Murgia, che degrada, con colli sempre più bassi, fino alla Piana di Taranto. Il capoluogo sorge sul mare, nel punto più interno del golfo cui dà il nome, bagnato a nord dal Mar Piccolo e a sud dal Mar Grande. Lo compongono due parti ben distinte: la città vecchia, detta Isola perché sorge su un’isola artificiale nata nel 1480 quando fu tagliato l’istmo che la collegava alla terraferma, e la città nuova, costruita con strade lunghe, rettilinee e ortogonali. I quartieri della città vecchia, addossati gli uni agli altri, sono percorsi invece da vicoli angusti e tortuosi -noti come “pittaggi” nel dialetto locale-, e da ripide scalinate. Caratteristica inconfondibile della città è il ponte girevole, ricostruito nel 1958: è composto da due bracci mobili gettati sul canale navigabile, ampliato nel corso del XIX secolo, che mette in comunicazione il Mar Piccolo con il Mar Grande e consente contemporaneamente l’ingresso e l’uscita delle navi. Il litorale tarantino, privo di coste alte ma articolato in ampie baie sabbiose intervallate da promontori rocciosi, è dominato dalle Murge Tarantine, che corrono parallelamente al mare e che portano vivamente impressi i segni di quel grande crocevia di popoli che negli ultimi millenni è stata la Puglia. Tra Martina Franca e Massafra sorge il “bosco delle pianelle”, unico residuo dell’antica selva murgiana, con piante illiriche che testimoniano remote connessioni con la penisola balcanica. Nella Riserva Naturale detta delle Murge Orientali particolarmente diffuso è il fragno: grandi esemplari dalla corteccia screpolata e grigiastra emergono da un sottobosco di perastri, biancospini e rovi. La zona pianeggiante compresa tra il mare e la Murgia era coperta in passato da boschi e acquitrini, che hanno lasciato il posto ad ampi giuncheti, zone paludose e spiagge sabbiose affacciate su ampi specchi d’acqua.
Comunicazioni. Al tracciato autostradale dell’A14 Bologna-Taranto è affiancata una fitta e articolata rete di strade statali: n. 7 Via Appia, n. 7 Ter Salentina, n. 106 Jonica, n. 172 dei Trulli, n. 174 Salentina di Manduria, n. 581 di Massafra, n. 603 di San Giorgio Jonico. La qualità dei collegamenti, già di buon livello, è migliorata dalla presenza delle linee ferroviarie Bari-Taranto, Taranto-Reggio Calabria, Martina Franca-Casarano, Taranto-Brindisi, Bari-Martina Franca-Taranto, Mungivacca-Putignano
Storia. La differente natura morfologica e la conseguente differenziazione delle risorse naturali ha condizionato i fenomeni di antropizzazione e ha determinato una distinzione netta tra gli insediamenti dell’area pianeggiante intorno al golfo di Taranto e quelli dell’area collinare interna. Un habitat particolare è quello costituito dai corsi d’acqua che scorrevano dall’interno verso il mare, lentamente sostituiti -nel corso dei millenni- da piccole lame o paleoalvei: i rinvenimenti archeologici hanno evidenziato la capillare diffusione lungo i paleofiumi di villaggi neolitici che attestano la penetrazione umana dal mare verso le fertili aree interne. La marcia verso l’interno alla ricerca di nuovi territori fu lunga ma inarrestabile: un percorso geografico accompagnato e promosso da profonde trasformazioni culturali, che trasformarono tribù nomadi di cacciatori, dediti alla raccolta di frutti e piante spontanee, in tribù sedentarie che idearono le prime tecniche di coltivazione e di allevamento. La successiva età del Bronzo fu caratterizzata da una vera e propria esplosione demografica: i piccoli villaggi della costa divennero grandi empori commerciali, punto d’incontro per le grandi culture e civiltà del Mediterraneo -come quella micenea-, e una rete di insediamenti più fitta e articolata occupò l’area collinare interna. Nel corso della successiva età del Ferro presero corpo importanti centri, in genere chiusi da imponenti cinte murarie, abitati da popoli iapigi: la cittadella terrazzata e fortificata di Torre Castelluccia assunse un ruolo di cerniera e raccordo tra le nuove civiltà che fiorivano nel bacino del Mediterraneo e la civiltà messapica, cui gli iapigi avevano dato luogo. A partire dall’ottavo secolo a.C., con la fondazione della colonia laconica di Taranto, ebbe inizio il lento processo di differenziazione tra l’area di fondazione della colonia controllata dai coloni greci, la “Chora tarantina”, e quella popolata dai messapi. La “Chora” era una fascia di territorio che occupava la linea di costa compresa tra le foci del Bradano e il sito di Torricella e che assicurava ai coloni greci terre da coltivare mediante un sistema di piccole fattorie sparse sul territorio, della cui esistenza testimoniano le necropoli, le stipi votive e i piccoli santuari che la ricerca archeologica ha portato alla luce. Alla fiorente colonia di Taranto, in continua crescita ed espansione, fu contrapposta la città di Manduria, collocata
proprio al centro di un territorio densamente abitato già dal Neolitico. La prima menzione della città risale alla seconda metà del IV secolo a.C., la seconda è il racconto del saccheggio infertole nel 212 a.C. dal generale cartaginese Annibale, che ricavò un ricco bottino, di cui faceva parte una mandria di cavalli: i messapi erano infatti noti come allevatori e addestratori di una razza ritenuta particolarmente robusta e versatile soprattutto in battaglia. La Messapia, organizzata come una sorta di confederazione di piccoli stati monarchici, era articolata in centri fortificati, collegati fra loro da percorsi radiali, le cui tracce sono in parte visibili nell’attuale viabilità, e riutilizzati nel Medioevo. Il controllo di Roma sul Mediterraneo non comportò gravi contraccolpi nell’assetto di questo territorio, almeno fino alla sconfitta di Annibale e al saccheggio di Taranto del 209 a.C. a opera di Quinto Fabio Massimo: Taranto fu allora obbligata a consegnare la flotta e a cessare di battere moneta. Fondamentale, nella nuova organizzazione del territorio, fu il tracciato della via Appia, realizzata tra il 312 e il 244 a.C., nel suo tratto da Taranto a Brindisi: sorsero numerose VILLAE, insediamenti destinati ad attività produttive con una parte residenziale attrezzata per ospitare il proprietario. Il sistema produttivo era imperniato sull’allevamento di ovini -che forniva lana, tessuta e poi tinta di porpora nelle manifatture imperiali- e di suini e sulle colture del grano, della vite e dell’olivo. In età imperiale la produzione agraria ebbe un assetto latifondistico: i toponimi attestano la presenza di fondi di proprietà pubblica o appartenenti a liberti legati alle famiglie imperiali e senatorie. Molti di questi insediamenti sopravvissero fino al VI secolo d.C., quando la Puglia fu al centro dell’aspra contesa tra i bizantini di Giustiniano e i goti di Totila: nello scontro le unità produttive romane scomparvero o furono trasformate in VICI, piccoli insediamenti rurali che sfruttavano le antiche strutture residenziali romane. Nell’ottavo e nel IX secolo sorsero numerosi casali privi di fortificazioni, segno di una rinnovata tranquillità, e nel X secolo fiorì la civiltà rupestre, che vide la diffusione dell’“architettura in negativo”, interi villaggi (con abitazioni, botteghe artigiane, chiese) ricavati nelle pareti rocciose delle gravine. La Puglia bizantina fu una regione in grande fermento, sicura, nella quale il territorio veniva coltivato dalla media e piccola proprietà; gli insediamenti erano organizzati in : “castra”, abitati di medie dimensioni dotati di poche fortificazioni; “castella”, simili ai primi ma di minori dimensioni; “chorìa”, sorta di “comuni rurali” aperti o muniti di una torre di avvistamento. La dominazione normanna dalla seconda metà dell’undicesimo secolo avviò un processo di accentramento della popolazione rurale in grossi centri cinti da mura difensive. La sorte di Taranto fu invece sempre legata al suo porto,
al porto naturale costituito dal Mar Piccolo, apprezzato già da Strabone e Polibio, che contribuì a conferire alla città una condizione di benessere e prosperità, venuta meno solo con la progressiva caduta di Taranto nell’orbita di Roma. Da allora la città visse secoli bui e di isolamento, spezzati appena dalla parentesi bizantina e dal principato di Taranto: un oblio interrotto solo quando la geopolitica portava a riscoprire il porto di Taranto. Nel 1571, quando Filippo II decise di organizzare una spedizione navale per arginare l’invadenza dei turchi, a Taranto furono riunite le navi cristiane prima della battaglia di Lepanto. Nel periodo napoleonico il porto riacquistò grande importanza: divenne base navale militare grazie all’intervento di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, che lo dotarono di imponenti strutture difensive e di un arsenale militare, opere destinate a finire ben presto in rovina. Il Governo dell’Italia unificata deliberò la costruzione di un grande arsenale e da Taranto partirono le navi destinate a combattere la battaglia di Lissa. Le strutture di cui il porto fu dotato furono sperimentate e collaudate in occasione della guerra italo-libica, combattuta tra il 1911 e il 1912, e della prima guerra mondiale, quando la rada ospitò le flotte italiana, francese e inglese. Con il fascismo Taranto divenne una vera e propria città militare e visse la pagina più drammatica della storia del porto: il bombardamento che nella notte tra l’11 e il 12 novembre 1940 distrusse le corazzate Littorio, Duilio e Cavour, orgoglio della Marina italiana. Un lungo processo di riconversione ha da allora interessato il porto, cui attualmente sono legate l’industria siderurgica e la cantieristica.
Struttura socio-economica. Il capoluogo è il baricentro economico di una provincia con una diffusione imprenditoriale tra le più basse d’Italia: ad eccezione di Taranto, di alcuni comuni della sua periferia orientale, di Sava e di San Marzano di San Giuseppe, gli addensamenti di unità produttive nella provincia risultano infatti poco rilevanti. L’economia tarantina, in continua espansione, è ben strutturata nelle sue varie componenti: una posizione di rilievo occupa l’industria, attiva con numerosi impianti nei comparti siderurgico, metallurgico, cantieristico, alimentare, chimico, petrolchimico, del legno, della gomma, dei materiali da costruzione e delle materie plastiche. L’agricoltura è caratterizzata dalla prevalenza delle colture vitivinicole, con una buona produzione di uve da tavola e da vino; di rilievo sono anche le coltivazioni di ortaggi e frutta mentre quelle olivicole occupano livelli inferiori alle altre province pugliesi. Dei venti comuni che compongono il versante occidentale del Tarantino alcuni sono centri di media grandezza, densamente popolati (Martina Franca, Grottaglie, Manduria), altri sono centri più piccoli, spesso molto vicini,
ognuno con una propria marcata identità, che nell’agricoltura e nell’artigianato introducono tutto il potenziale di un’acquisita modernità. Le aziende agrarie migliorano la qualità dei prodotti tradizionali (grano, olive, ortaggi, uva), introducono nuove coltivazioni (soia, melo, liquirizia, kiwi, ciliegio), danno ampio spazio alla attività di trasformazione dei prodotti e alla loro commercializzazione. Ampie fette di mercato sono state conquistate da aziende agro-alimentari a conduzione familiare specializzate nella panificazione e nella produzione di salumi, pasta fresca e dolci. La piccola impresa familiare è ampiamente diffusa anche nei servizi della ristorazione. Caratteristica peculiare dell’area è inoltre la diversificazione produttiva: di antica origine è l’industria del legno a Martina Franca, per la produzione di mobili e arredi; più recente è l’indotto del restauro dei mobili (San Giorgio Jonico, Sava, Manduria) e dell’edilizia nella fabbricazione di porte. Una parte della produzione artigiana è orientata invece verso una fetta più piccola del mercato, che richiede un prodotto a metà strada tra l’oggettistica d’uso e il pezzo d’arte. Una menzione particolare merita la produzione della ceramica a Grottaglie, nota ben oltre i confini pugliesi, per numero di addetti, continuità produttiva (già nel XVIII secolo esistevano 42 fabbriche con oltre 5.000 addetti), quantità e qualità del prodotto.
MURGIA
IONICA
Territorio. A settentrione la piana di Taranto è sovrastata dalle ultime propaggini delle Murge, disposte ad anfiteatro parallelamente alla costa: da queste alture scendevano a valle canali d’impluvio che nel corso dei secoli hanno scavato profondi burroni o gravine, che possono essere considerate “fiumi fossili” dal momento che scorrono ancora oggi, sebbene in reti idrografiche sotterranee. Ginosa, Laterza, Castellaneta e Massafra sorgono in prossimità di enormi gravine: le cavità naturali che disegnano il profilo di queste profonde fenditure conservano le testimonianze della presenza di monaci basiliani, giunti dall’Oriente nel Medioevo in cerca di rifugio dopo essere sfuggiti alle persecuzioni iconoclaste. Queste stesse cavità di origine carsica avevano tuttavia già ospitato la cosiddetta civiltà rupestre, che trova esempi significativi nei pressi di Mottola e Massafra. Ai piedi delle Murge, tra la foce del fiume Bradano -a ridosso del confine con la Basilicata- e quella del Tara, si estende la costa, bassa e sabbiosa, punteggiata da vaste pinete. In prossimità del confine regionale, nel tratto terminale dell’antico alveo del Bradano, il lago Salinella costituisce la più importante zona umida della provincia: il lago è formato sia dalle acque dolci della falda sia da quelle che attraverso canali provengono dal fiume Gelaso. Profondo non più di 2 metri, lo specchio d’acqua ospita una vegetazione alofila (salicornie e obioni) mentre le sponde sono coperte di canne. La fauna ittica è costituita da anguille, cefali e avanotti ma lo specchio d’acqua funge da richiamo anche
per uccelli migratori e stanziali.
Comunicazioni. Le principali direttrici del traffico sono le strade statali n. 7 Via Appia, n. 100 di Gioia del Colle, n. 106 Diramazione Jonica, n. 580 di Ginosa, n. 581 di Massafra. Il tracciato autostradale dell’A14 Bologna-Taranto e le linee ferroviarie Bari-Taranto, Bari-Martina Franca-Taranto, Taranto-Reggio Calabria, Mungivacca-Putignano completano il quadro delle infrastrutture di trasporto.
Storia. La storia della Murgia Ionica è indissolubilmente legata alla presenza delle basse grotte di origine carsica -o laure- che punteggiano il territorio e conservano i resti della cosiddetta civiltà rupestre, che trova i suoi esempi più significativi nei dintorni di Massafra e Mottola: un mondo di roccia assai suggestivo, ricco di cavità affrescate, utilizzate come abitazioni o santuari e intervallate da boschi e steppe. Le grotte conservano inoltre le testimonianze della presenza dei monaci basiliani, giunti dall’Oriente nel corso del Medioevo, in cerca di rifugio dopo essere sfuggiti alle persecuzioni iconoclaste. Massafra, indicata come la “Tebaide d’Italia” per la ricchezza degli insediamenti rupestri (un tempo abitati da pastori e contadini e, dal IX al XIII secolo, occupati da monaci basiliani), è arroccata sull’orlo della gravina di San Marco: l’origine della città, abitata già in età neolitica, risale a una colonia messapica. Mottola, nei pressi della quale il console romano Curio Dentato sconfisse Pirro, fu sempre una roccaforte, dapprima dei tarantini contro bruzi e messapi, poi dei romani contro Annibale. Fu distrutta dai normanni nel 1102 e da questi ricostruita e dal 1653 appartenne alla famiglia Caracciolo. Castellaneta sorge nei pressi della gravina più grande della provincia, una delle più estese della Puglia: il borgo fu fondato nel suo nucleo originario dai contadini che, dai vicini casali, ripararono nelle grotte per sfuggire alle incursioni dei pirati; fu conquistata da Roberto il Guiscardo nel 1081 e divenne più tardi ducato dei Caracciolo. In origine presidio greco, Ginosa fu sede di un MUNICIPIUM romano: l’abitato fino al XVI secolo sorgeva interamente nella gravina, con agglomerati formati da strade tortuose, scale ripide, stalle, mulini e depositi. Tradizioni e cultura legano invece Laterza al Materano, di cui fece parte fino al XIII secolo, quando fu concessa da Federico II di Svevia ai prelati baresi.
Struttura socio-economica. La Murgia Ionica è da sempre una zona vocata alle attività agricole, che rappresentano il settore che assorbe il maggior numero di unità lavorative, distribuite tra migliaia di aziende di piccole e medie dimensioni, a conduzione familiare. Gli allevamenti bovini e ovini alimentano la produzione di ottimi formaggi, sia freschi che stagionati. L’attività artigianale, da sempre espressione della manualità delle civiltà rurali, è fortemente legata alla natura e alla terra, che forniscono le materie prime per la produzione artigianale. Il tessuto industriale conta aziende attive nei comparti alimentare, tessile e dell’abbigliamento, metallurgico, cartario, del legno e della produzione e distribuzione di gas ed energia elettrica.
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