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Provincia di AGRIGENTO
Capoluogo: Agrigento
Scheda
- Superficie: 3.041,90 Kmq
- Abitanti: 455.083
- Densità: 149,60 ab./Kmq
- Codice ISTAT: 084
- Numero comuni: 43
Provincia di Agrigento - Statistiche
Territorio. Articolata in 43 comuni (la stragrande maggioranza dei quali sottoposta a rischio sismico) ed estesa su una superficie di oltre tremila chilometri quadrati, la provincia si trova sulla costa meridionale dell’isola ed è delimitata dai Monti Sicani, a nord, dal tratto terminale del fiume Salso, a est, e da quello del fiume Belice, a ovest, comprendendo nella sua circoscrizione le rinomate Isole Pelagie: Lampedusa, Linosa e Lampione. La popolazione si distribuisce sul territorio con una densità tra le più basse dell’Isola, denotando un modesto livello di urbanizzazione. Caratterizzato dalla presenza dell’Altopiano solfifero, dell’Altopiano di Racalmuto e delle ultime avvisaglie dei Monti Sicani, il territorio provinciale trova la sua cima più alta nel Monte Cammarata (1.578 m), presentando un assetto in gran parte montuoso nelle zone interne e prevalentemente pianeggiante lungo il litorale, a sua volta disegnato dalla bellezza paesaggistica di sequenze di dune costiere, di notevole altezza, costituite di sabbia finissima. L’idrografia dell’area provinciale mostra, in genere, fiumi di poca importanza e a carattere torrentizio, mentre sono degni di nota il fiume Salso, che segna il confine con la provincia di Caltanissetta, il fiume Belice, che marca quello con la provincia di Trapani, e il Platani, che attraversa il territorio all’interno, sfociando nel Mar di Sicilia. Dotata di una considerevole varietà e ricchezza di paesaggi, la provincia ospita alcune riserve di notevole interesse naturalistico, fra le quali vale la pena citare almeno: quella della Montagnola e Acqua Fitusa, localizzata in prossimità di San Giovanni Gemini, dove si può ammirare la suggestiva grotta di Acqua Fitusa, quella naturale Foce del fiume Belice e dune limitrofe, e quella del Monte Cammarata, sulle cui sommità si trovano numerose specie erbacee.
Lo stemma della provincia, partito semitroncato, è stato concesso con Regio Decreto. L’arma racchiude i simboli araldici del capoluogo e delle città di Sciacca e Bivona. Nella prima sezione sono raffigurati tre giganti, recanti, sul capo, una piattaforma dalla quale si ergono tre torri -la centrale è sovrastata dal simbolo cristiano ed eucaristico-, e su cui si legge: SIGNAT AGRIGENTUM MIRABILIS AULA GIGANTUM. Nel secondo campo si raffigura un guerriero armato a cavallo che, irradiato da un sole raggiante, tenta di espugnare una fortezza sormontata da tre torri; il guerriero simboleggia Agatocle, eroe di Sciacca, nell’atto di conquistare i tre domini di Sicilia, Grecia ed Africa. La terza partizione raffigura, infine, un ragno, usato originariamente come sigillo da Pietro, primo duca di Bivona, sormontato da una luna, simbolo del casato dei Luna.
Comunicazioni. La rete viaria è priva di arterie autostradali, la cui assenza è però compensata da una fitta rete di strade statali; fra queste le più importanti sono: la n. 115 Sud Occidentale Sicula, che congiunge la provincia a quelle di Trapani e di Siracusa; la n. 118 Corleonese Agrigentina, la n. 188 Centro Occidentale Sicula e la n. 189 della Valle del Platani, che giungono nella provincia di Palermo; la n. 122 Agrigentina e la n. 640 di Porto Empedocle, che uniscono la città a Caltanissetta. Un reticolato di strade interne, che attraversano l’area provinciale, crea poi il collegamento con alcuni centri importanti. Le principali linee ferroviarie mettono in comunicazione la provincia con Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Palermo e Catania. L’unico aeroporto presente nel territorio provinciale è quello di Lampedusa, nelle Isole Pelagie; situato a poche centinaia di metri dal capoluogo comunale, garantisce quotidianamente il collegamento con alcuni principali scali nazionali. In Sicilia, i due aeroporti di riferimento sono quelli di Palermo/Punta Raisi e di Catania/Fontanarossa; sul continente, l’aerostazione di Roma/Fiumicino garantisce voli di linea intercontinentali diretti. Fra i porti presenti in provincia, il solo destinato al traffico passeggeri per le Isole Pelagie è Porto Empedocle. Sciacca ha un porto peschereccio, Licata uno peschereccio e commerciale. I porti di Palermo e di Messina assicurano gli altri collegamenti marittimi col continente.
Storia. A partire dalla preistoria e quindi in epoca protostorica l’attuale circoscrizione provinciale è stata sempre meta ambita sia per la sua posizione, sia per la fertilità della sua terra. Gli ultimi dominatori, per così dire, estranei all’Italia furono cartaginesi e greci, dopo di che vi si insediarono i romani, sotto il cui dominio la zona poté svilupparsi e accrescere il proprio valore, potenziando la propria agricoltura e la propria organizzazione portuale, godendo, così, di una notevole prosperità economica e politica. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e l’avvento dei bizantini iniziò un periodo di crisi e decadenza che culminò, nell’827, con l’invasione araba, a seguito della quale la sua potenza portuale subì un duro colpo. L’arrivo dei normanni, nell’ultimo scorcio dell’undicesimo secolo, segnò una nuova fase di ripresa, che più tardi rese Agrigento una delle più importanti diocesi della Sicilia. Dopo la dominazione sveva, gli angioini, motivati anche dalla floridezza delle condizioni economiche del momento, imposero un gravoso sistema fiscale, che sfociò nella nota rivolta dei Vespri Siciliani, conclusasi, nel 1302, con la Pace di Caltabellotta fra Federico II d’Aragona e Carlo di Valois. In epoca spagnola, tra il ‘500 e il ‘700, la città capoluogo vide trasformarsi il proprio assetto architettonico a seguito di un’intensa attività di urbanizzazione, legata all’istituzione di tasse e diritti sui terreni e corrispettivi per la “licentia populandi”, che il governo madrileno impose per arricchire il suo erario; il conseguente declino economico fu ulteriormente aggravato, poi, dalla cattiva amministrazione dei Borbone, motivo per cui l’arrivo dei garibaldini nella provincia, nel 1860, fu accolto dai cittadini con grande entusiasmo. Purtroppo neanche in questa fase si conobbe un miglioramento delle condizioni di vita, sicché gli anni a seguire, fino alla metà del secolo successivo, furono caratterizzati dall’intensificarsi del fenomeno dell’emigrazione che, soprattutto a causa del tasso di sottoccupazione e disoccupazione, continua, ancora oggi, a verificarsi.
Struttura socio-economica. L’agricoltura rappresenta l’attività prevalente dell’economia agrigentina. Differentemente da quanto accade in altre province siciliane, il terziario -in particolare servizi, trasporti, credito- non sembra una risorsa rilevante dell’economia locale. Stesso discorso può essere ripetuto per il settore secondario e per l’artigianato. Troppo alto, poi, risulta il numero delle ditte individuali, che rappresentano quasi quattro quinti del sistema imprenditoriale agrigentino, così occupando la settima posizione più alta in campo nazionale. Basso, infine, è il tasso di occupazione. In particolare, il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge soglie critiche, con la maggior parte dei giovani impiegati in lavori socialmente utili, oppure come precari presso vari enti e strutture; tuttavia, emerge il dato confortante di una buona percentuale della stessa popolazione giovanile interessata a dar vita a nuove attività imprenditoriali. Infatti, l’economia agrigentina risulta essere caratterizzata da una forte imprenditoria locale, espressa non solo in termini di indici di concentrazione ma anche nel numero di settori. Le attività economiche, però, sono prevalentemente a basso valore aggiunto, sicché relativamente modesto è il contributo dell’economia agrigentina alla formazione del Pil nazionale. Relativamente al reddito pro-capite si riscontra una situazione decisamente poco brillante, che colloca Agrigento in quintultima posizione nella graduatoria nazionale. La struttura produttiva, comunque, manifesta una notevole dinamicità imprenditoriale, testimoniata sia dall’alto tasso di evoluzione delle imprese, sia dal basso tasso di mortalità delle aziende. I settori dell’industria e dell’edilizia continuano a soffrire una posizione di marginalità nell’andamento economico della provincia mentre l’agricoltura risulta la risorsa produttiva più importante: in particolare, la produzione locale vanta una tradizione vinicola, che risale all’insediamento delle prime colonie greche e si specializza nella lavorazione dell’uva e nella realizzazione di vini e spumanti. Infine, grazie al clima, caldo e mite, alla bellezza del patrimonio paesaggistico ma, soprattutto, alla ricchezza di beni archeologici, va sviluppandosi sempre più il turismo. Con quest’ultimo ben si coniugano le specialità dolciarie e alimentari in genere, unite a una gastronomia fortemente caratterizzata. Notevoli sono le varietà gastronomiche dell’agrigentino, caratterizzate da piatti a base di pesce della fascia costiera e piatti a base di carne delle zone interne. A base di pesce si segnalano: cuscus di pesce fritto, sogliole in tutte le maniere, cernia alla ghiotta, triglie in tegame. A base di carne sono una prelibatezza: arrosto di maiale e castrato, salsicce, stigliole, capretto o agnello al forno, coniglio alla cacciatora ecc. Tra i primi piatti più tipici: la pasta con le sarde, “u taganu”, cavatelli al cartoccio, il “maccu” (minestra di fave secche cotte fino a disfarsi con erbe aromatiche), la “ncaciata” (sformato ripieno di carne e uova sode abbondantemente condita con pecorino fresco o caciocavallo), zuppa di lumache ecc. Da ricordare: la “miscata” (una focaccia di farina, carne di maiale tritata fresca, pezzettini di salsiccia secca e olive nere). Specialità irripetibili nel campo dolciario sono anche i “purciddati”, la “cubbaita”, le “mignolate”, i frutti “marturani”, la cassata siciliana, i cannoli alla ricotta, i “pasticciotti” ecc. La presenza turistica, comunque, è ridotta rispetto a quella registrata in altre province siciliane, il che contribuisce a rendere basso il livello dei consumi pro-capite. Il tenore di vita dei residenti, nel complesso, è decisamente inferiore al livello medio italiano, non solo, ma anche a quello di molte altre realtà del Sud.
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