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ANGIOINI
Approfondimento
Approfondimento: ANGIOINI
Con questo termine sono indicati in particolare i D'Angiò del regno di Napoli, discendenti da Carlo I d'Angiò, che originò il secondo dei tre rami in cui si divise questa nobile famiglia francese tra il X e il XV secolo. La prima casa D'Angiò ebbe origine all'inizio del X secolo dal visconte Ingelger, investito della contea d'Angiò dal re di Francia Roberto I, e ben presto si divise nel ramo di Gerusalemme e nel ramo dei D'Angiò-Plantageneti; quest'ultimo regnò in Inghilterra tra il 1154 e il 1485. Nel 1246 la contea d'Angiò fu concessa in appannaggio dal re francese Luigi IX il Santo a suo fratello Carlo I (1226-1285), capostipite della seconda casa d'Angiò, quella dei Capetingi, che estese i suoi domini anche in Italia. Investito del regno di Sicilia da papa Clemente IV nel 1265, Carlo I sconfisse a Benevento Manfredi, figlio naturale di Federico II di Svevia (1266), e due anni dopo riportò la vittoria decisiva su Corradino, ultimo discendente della dinastia sveva, nei Piani Palentini (Scurcola Marsicana), assoggettando al suo dominio tutta l'Italia meridionale. Divenuto capo dei guelfi e arbitro delle lotte politiche della penisola, volse le sue mire espansionistiche verso il Mediterraneo e l'Oriente, minacciando l'impero bizantino; in seguito alla crociata contro Tunisi (1270), in cui suo fratello Luigi IX perse la vita, conquistò nuovi territori e altri titoli, tra cui quello di re di Albania (1272) e di re di Gerusalemme (1277). Questa ambiziosa politica costò pesanti tasse al regno di Napoli -come fu chiamato il regno di Sicilia in seguito al trasferimento della capitale da Palermo a Napoli- e provocò nel 1282 la ribellione nota con il nome di Vespri Siciliani e appoggiata da Pietro III d'Aragona, che si fece incoronare re di Sicilia. Ne scaturì una guerra che durò vent'anni e che coinvolse tutti i nemici di Carlo I, dai ghibellini italiani ai sostenitori di Manfredi, ai genovesi, che mal vedevano l'alleanza di Carlo I con Venezia, e all'imperatore bizantino Michele Paleologo; dalla parte di Carlo I si schierarono invece il papa e il re di Francia. Carlo I morì mentre ancora imperversava la guerra per il dominio sulla Sicilia. La corona del regno di Napoli passò al primogenito Carlo II lo Zoppo (1248-1309), principe di Salerno (1271), che salì sul trono solo nel 1289, in quanto prigioniero dei nemici alla morte di suo padre. Carlo II tentò inutilmente di togliere la Sicilia agli Aragonesi e, con la pace di Caltabellotta del 1302, fu costretto a riconoscere l'isola come possedimento aragonese sotto il nome di regno di Trinacria; a lui restava il solo titolo di re di Sicilia e la promessa, mai mantenuta, che l'isola sarebbe tornata agli Angioini alla morte di Federico II di Aragona. Nel 1270 Carlo II aveva sposato la figlia del re d'Ungheria, sperando invano di allargare in Europa i suoi domini. La seconda dinastia angioina si arricchì di numerosi rami con i figli di Carlo II: Carlo Martello diede vita al ramo di Ungheria, Roberto I il Saggio a quello di Napoli, Filippo I (1280-1331) a quello di Taranto e Giovanni VII (1285-1335) ai Durazzeschi. Nel 1290 ebbe origine anche la terza casa d'Angiò, con il matrimonio tra Carlo III di Valois e una figlia di Carlo II lo Zoppo, Margherita, che portò in dote la contea d'Angiò e i diritti al trono napoletano. Carlo di Valois era imparentato con i re di Francia: figlio di Filippo III, era, quindi, fratello di Filippo IV il Bello e padre di Filippo VI. Il suo matrimonio con Margherita d'Angiò-Sicilia, nipote di Carlo d'Angiò, lo rese signore dell'Angiò e del Maine, territori che in seguito il re Giovanni II di Francia, figlio di Filippo VI, avrebbe ceduti, insieme al titolo ducale, al suo secondogenito, Luigi I d'Angiò, morto nel 1384. La terza casa d'Angiò entrò a far parte della politica napoletana a seguito di una serie di adozioni: Luigi I fu adottato dalla regina Giovanna I di Napoli e il figlio e il nipote (Luigi II e Renato) furono adottati da Giovanna II; furono contrastati dalla casa di Durazzo (che li soppiantò) e in seguito da Alfonso V d'Aragona, che nel 1442 sarebbe divenuto re di Napoli. Per la rivendicazione dei loro diritti, furono, dunque, all'origine delle guerre che si svolsero sul suolo italiano. Ultimo appartenente alla famiglia fu Carlo V d'Angiò, noto anche come Carlo del Maine, morto nel 1481; lasciò i propri diritti e possedimenti al re di Francia, Luigi XI. Soltanto il re Carlo VIII, però, avrebbe fatto valere tali diritti, nel 1494-1495, quando si sarebbe tenuta la campagna d'Italia. Roberto d'Angiò (1278-1343), secondogenito di Luigi II re di Napoli, fu sostenuto da diverse forze politiche nel suo intento egemonico, teso a prendere possesso della penisola italiana; al suo fianco erano: la Lega delle città guelfe (da lui sostenuta), la monarchia francese, il papato e Firenze che, con i suoi banchieri e mercanti, gli assicurava un notevole contributo finanziario. Il sostegno di Roberto d'Angiò alle forze nazionali italiane contro le ingerenze tedesche gli guadagnò il favore di intellettuali e artisti. La sua sensibilità e la cultura da lui mostrata nel proteggere artisti e poeti portarono la corte di Napoli a divenire il centro di una fervida attività intellettuale. Ma dal punto di vista politico il regno di Napoli non godeva dello stesso splendore: esso era, infatti, tormentato da una grave crisi interna, dovuta alle tendenze centrifughe dei baroni, cui il sovrano rispondeva concedendo che il feudalesimo si espandesse sempre più, a danno della borghesia mercantile e finanziaria, oltre che delle entrate e delle prerogative della corona. Nel meridione d'Italia, all'affermazione del dominio angioino corrispose una diffusione del feudalesimo, che provocò il soffocamento di quel fervore commerciale (affermatosi al tempo delle repubbliche marinare), che aveva consentito al Mezzogiorno di godere di un'economia prospera. Fu questa la causa delle differenze che si crearono fra la zona centrale e settentrionale della Penisola (da un lato) e la parte meridionale, all'origine di quella frattura fra le due zone, che nei secoli si sarebbe aggravata sempre più. La debolezza del governo napoletano si mostrò, ad esempio, nella impossibilità da parte di Roberto d'Angiò di recuperare la sovranità effettiva sulla Sicilia, cui gli dava diritto la pace di Caltabellotta: il potere sull'isola, infatti, fu conservato dagli aragonesi anche dopo la morte di Federico II d'Aragona (1337), contrariamente a quanto stabilito. La situazione di crisi si rese ancor più manifesta dopo la morte di re Roberto, cui succedette la nipote Giovanna I, regina di Napoli dal 1343 al 1382. Al trono di Napoli erano pretendenti tutti i vari rami i cui risultava divisa la casa d'Angiò. Al ramo napoletano se ne aggiungevano: uno ungherese (che aveva nel re di Ungheria, Luigi I il Grande, l'aspirante alla corona); un ramo cadetto napoletano (con il titolo di principe di Taranto); un secondo ramo napoletano cadetto (con il titolo di principe di Durazzo). Il matrimonio di Giovanna con Andrea, fratello di Luigi I il Grande, tendeva a sedare le ambizioni del ramo ungherese che, in seguito all'assassinio di Andrea, si riaccesero: Luigi fu a capo di una spedizione volta a conquistare il regno di Napoli ma fu fermato dai nobili e dai ceti popolari che non accettarono a lungo la conquista ungherese, caratterizzata di spoliazioni e soprusi. Giovanna sposò, quindi, Luigi di Taranto ma neanche da questi riuscì ad avere eredi. Con Luigi di Taranto, intanto, Giovanna tentò, invano, di riappropriarsi della Sicilia aragonese. Rimasta vedova ancora una volta, sposò Giacomo d'Aragona (morto nel 1375) e in seguito Ottone di Brunswick (nel 1376) ma neanche da questi riuscì ad avere eredi; nessuno di loro, inoltre, fu da lei associato al suo trono. In seguito alla pace di Catania, del 1372, la regina Giovanna rinunciò per sempre ai diritti della casa angioina sulla Sicilia. Si decise, così, a nominare come suo successore Luigi I d'Angiò, fratello di Carlo V re di Francia, con ciò scavalcando i diritti del proprio nipote, Carlo III del ramo Durazzo. Iniziò, perciò, una guerra fra Angioini e Durazzeschi, che vide l'uccisione di Giovanna, per mano di Carlo III d'Angiò di Durazzo. Nel 1382, con la morte di Giovanna I, il ramo angioino di Napoli si estinse. Carlo III tentò di aggiungere ai suoi domini anche l'Ungheria, poiché il re era morto senza eredi maschi, ma fu assassinato dalla moglie e dalla figlia del defunto sovrano (1386). Ascese, allora, al trono il figlio Ladislao, ancora in giovane età. Contrastato per anni dai seguaci di Luigi I d'Angiò, che avrebbero voluto al suo posto Luigi II d'Angiò, figlio di Luigi I, riuscì a entrare vittorioso a Napoli solo nel 1400. Ma nel 1414, a soli 29 anni, morì. Gli succedette la sorella Giovanna II (detta la Pazza) d'Angiò-Durazzo, figlia di Carlo III e di Margherita di Durazzo, fin dal 1406 rimasta vedova di Guglielmo d'Asburgo e senza eredi. Giovanna sposò, quindi, Giacomo di Borbone, conte delle Marche, che fece imprigionare lei e uccidere il suo amante. Osteggiato da una parte della nobiltà, Giacomo fu rovesciato e imprigionato a sua volta. Riuscì, infine, a ritirarsi in Francia. Intanto il papa Martino V favoriva le aspirazioni alla corona da parte di Luigi III d'Angiò, della lontana Provenza, mentre la regina, ancora senza prole, si opponeva, sostenendo Alfonso V d'Aragona, che nominò suo erede, così rendendo possibile la riunificazione dei regni di Sicilia e di Napoli. La violenta opposizione alla sua decisione, immediatamente manifestatasi, e l'intenzione di Alfonso di impossessarsi subito del regno la indussero a designare come suo successore Luigi III d'Angiò (1423), che era suo parente, e ad associarlo al trono. Venuta a mancare Giovanna II, Alfonso V d'Aragona e Luigi d'Angiò iniziarono una guerra, per condurre la quale assoldarono i due più grandi condottieri del tempo: Braccio Fortebraccio da Montone e Niccolò Piccinino. Nel corso della guerra, Filippo Maria Visconti vide con preoccupazione la potenza che Alfonso V avrebbe acquistato in Italia occupando il regno di Napoli: Alfonso V, infatti, possedeva il regno d'Aragona (in cui erano comprese gran parte della Spagna mediterranea, le Baleari, la Sicilia, la Sardegna) e mirava alla Corsica (all'epoca ancora genovese); Genova, in quel periodo, era dominata proprio da Filippo Maria e per questo lo appoggiò, collaborando nella lotta alla flotta aragonese, che fu battuta a Ponza nel 1435; lo stesso re Alfonso fu catturato e condotto come prigioniero a Milano. Lo svolgersi degli eventi sembrava favorire l'altro pretendente al trono di Napoli, Renato d'Angiò, successore di Luigi III (il fratello). Ma Alfonso V riuscì a farsi liberare e a tornare nell'Italia meridionale; ivi fu in grado di battere la resistenza di Renato d'Angiò che, infine, cedette. Con il suo ingresso in Napoli, il 2 giugno 1442, Alfonso riusciva a porre termine a quella conquista dell'Italia meridionale che riduceva il Mediterraneo occidentale a un "lago" aragonese. Napoli e la Sicilia si riunivano, così, sotto il dominio di una dinastia spagnola. V. anche ARAGONESI e PACE DI CALTABELLOTTA e VESPRI SICILIANI