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BAROCCO (SICILIANO)

Approfondimento

Approfondimento: BAROCCO (SICILIANO)

L'architettura barocca in Sicilia è particolarmente ricca. La zona occidentale dell'isola, che vide i primi passi dell'arte barocca, è quella che conserva la più copiosa testimonianza del primo barocco: ancora legato visibilmente agli schemi del Cinquecento, da cui si evolveva lentamente. A Trapani si hanno i prodromi dei modi barocchi: gli architetti riescono ad anticipare anche i colleghi palermitani, con le loro invenzioni bizzarre. A Palermo, invece, grazie a Giacomo Amato si ha l'affermazione di quello stile che deriva le sue forme eclettiche dai modi romani e che riesce a distaccarsi da quelli cinquecenteschi: è un potente stile barocco. Nella stessa Palermo, Paolo Amato capeggia un'altra corrente, influenzata dal barocco spagnolo, frammentaria e arricchita da ampollosi elementi decorativi; nel 1608 il Caravaggio, presente a Palermo, vi dipinse una "Natività". Il manierismo dell'arte pittorica si chiude con l'opera di Filippo Paladino, durata più di un decennio (dal 1601 al 1614); gli inizi del nuovo corso sono in due eventi particolarmente importanti: il passaggio di Michelangelo da Caravaggio (tra il 1600 e il 1610) e quello di Antonio van Dyck, avvenuto nella primavera del 1624. Fiorentino di origine e allevato alla scuola dell'Empoli (ma con un'evidente attrazione per la pittura del Baroccio e del Pontormo), il Paladino soggiornò brevemente a Malta per poi ritornare in Italia, dove si stabilì in Sicilia in diverse zone dell'isola (che numerose ne conservano le opere); lavorò alacremente sino al 1614, anno della sua morte, avvenuta in Mazzarino. Le antiche memorie documentano la storia dei contatti tra Caravaggio e la Sicilia, che riservò al grande lombardo e alla sua opera un'ampia accoglienza, benché i contatti antichi e nuovi non abbiano avuto ampia risonanza: nel caravaggismo del più grande esponente del Seicento siciliano, Novelli, si ravvisano elementi di origine riberiana e in quello del messinese Alonzo Rodriguez è evidente il disincanto dell'imitazione. Il Seicento fu dunque influenzato dalla presenza del Caravaggio, da cui trasse un'arte ravvivata, in parte distaccata dal manierismo, benché ancorata in gran parte all'eclettismo, che ancora caratterizzava l'arte della scuola siciliana: Pietro Novelli tentò la fusione fra l'influenza caravaggesca e quella di altri maestri ma non riuscì a emergere da risultati freddi e scolastici. La diffusione del caravaggismo in Sicilia fu favorita anche dall'olandese Matteo Stomer. Diversa eco ebbe l'apparizione (di breve durata) del Van Dyck. Accolto con calore da Sofonisba Anguissola, il pittore dimorò per breve tempo a Palermo, per poi interrompere e deviare il viaggio a causa della peste, che in quei giorni si manifestava. La grande tela dell'oratorio del Rosario, splendente e pervasa da richiami tizianeschi, venne dipinta a Genova non a Palermo: non è da escludere, però, che dalla città siciliana l'artista abbia attinto il modello della Santa Rosalia (che in tutti i modi i pittori siciliani ripetevano), che in quel momento di pericolo riceveva numerose invocazioni. L'influenza del Van Dyck risultò decisiva per la pittura palermitana, come si avverte nei riflessi della sua opera che quasi tutti i pittori del tempo mostrarono; il monrealese Pietro Novelli, poi, fu decisamente attratto nell'orbita del Van Dyck. Diversi dipinti che si trovano in Sicilia richiamano, poi, la pittura napoletana, dal Ribera allo Stanzione, dal Vaccaro al Giordano, come frequenti risultarono i contatti con Mattia Preti, cui si deve l'invio delle tele attualmente conservate nel museo di Palermo. La zona messinese, invece, deve più alla pittura romana che a quella napoletana, con esiti maggiormente variegati; il caravaggismo ivi rappresentato da Alonso Rodriguez ebbe carattere di più profonda assimilazione. Antonio Alberti Barbalonga apprese alla scuola del Domenichino; Giovan Battista Quagliata si formò alla scuola di Pietro da Cortona diffondendone i modi decorativi; Agostino Scilla riprese i modi della scuola dei Sacchi. Questi artisti, insieme con il Rodriguez e con Domenico Marolì, che lavorò anche nel Veneto propagandone le forme decorative, influenzeranno la pittura locale, nel Seicento. A Palermo, alla metà del secolo, si assiste all'affermazione del fiammingo Mattia Stomer, che a lungo vi lavorò. La pittura dello Stomer, il cui tono episodico è forse alla base del suo facile successo, trasse alimento dal naturalismo della tradizione caraveggesca (portata agli estremi dalla oggettività dettagliata della tecnica fiamminga) e dai modi luministici, in seguito ripresi da Gherardo delle Notti. Per tutto il Seicento e buona parte del Settecento l'architettura, soprattutto quella religiosa, si esprime nei modi propri del barocco. Gli edifici monumentali che riempiono vie e piazze degli abitati siciliani modificano in maniera sostanziale l'estetica urbana. L'avvicinamento ai modi barocchi si ebbe nella seconda metà del secolo XVII ed ebbe il suo esordio nella chiesa dell'Annunziata, eretta nel 1650 a Messina da Guarino Guarini. Ancor più evidente risulta il passaggio al barocco cui si assiste a Palermo: ivi operano architetti d'eccezione, fra i quali Paolo e Giacomo Amato. Nello stesso periodo nella zona orientale dell'isola, colpita dal terremoto del 1693, interi nuclei urbani vengono ricostruiti; ne sono esempio: Catania, Noto, Grammichele, Avola, Ragusa, Modica; l'impegno degli architetti non si limita alla costruzione di singoli edifici ma si estende alla sistemazione di interi nuclei abitati. L'esaltazione delle singolari soluzioni geometriche lascia che si imponga il senso delle architetture mediterranee, che consente al fondo feudale di riemergere in quei luoghi ancora feudali, per molti aspetti. È il caso delle ville dei dintorni di Palermo (soprattutto Bagheria), in cui domina il palazzo padronale, delimitato dalle sue recinzioni, come il maschio all'interno del fortilizio. La pianta è sempre impostata su un solo asse, in maniera simmetrica; i bracci si estendono, quasi a richiamare nelle strutture la natura circostante. Non è, dunque, alla centralità rinascimentale che ci si ricollega; si ravvisa, invece, una maggiore libertà nel concepire gli scaloni che, con le loro rampe, rappresentano l'accesso maestoso al piano nobile degli edifici. Agli inizi del Seicento gli esterni seguivano soprattutto la linearità plastica rinascimentale, mentre il decorativismo proprio del barocco (con tutta la sua ridondanza) veniva riservato soprattutto agli interni: è il caso delle chiese conventuali di Santa Caterina (1596), del Gesù a Casa Professa (1591-1633), di S. Giuseppe dei Teatini (1612-1645), di Santa Maria di Valverde (1633), internamente decorate con fantasia ed eleganza (le prime due), con decori dall'effetto plastico (le ultime), con stucchi dorati, intarsi, rilievi, che trovano il massimo dell'espressione barocca negli altari, visti come luoghi di elezione per l'affermazione dello stile. Le stesse quattro chiese testimoniano dell'evoluzione dell'arte pittorica nell'epoca barocca: vi si conservano affreschi e tele di Olivio Sozzi, Filippo Tancredi, Pietro Novelli, Vito D'Anna, Gioacchino Vitagliano, Guglielmo Borremans. La ridondanza barocca è esplicitata nell'impianto scenografico e nei vistosi addobbi di altri edifici religiosi: è il caso delle chiese di Sant'Ignazio all'Olivella (1622), di S. Matteo al Cassaro (1633), della Pietà (1678), di Santa Teresa alla Kalsa (1686), di S. Francesco Saverio (1684-1711), di S. Domenico (la cui facciata è del 1726), di Sant'Anna la Misericordia (che ha la facciata risalente al 1732). Ancor più rilevante è la testimonianza del più grande stuccatore italiano di tutti i tempi, Giacomo Serpotta, di cui si può ammirare la perfezione e la leggerezza della modellazione in numerose opere (del periodo 1699-1729): l'oratorio del Rosario in S. Domenico e quello di Santa Cita, la chiesa di Sant'Agostino e l'oratorio di S. Lorenzo, i putti, le allegorie femminili e le scene plastiche. Lungo tutto il Seicento, fino ai primi decenni del secolo XVIII, i cosiddetti "marmi mischi" (rivestimenti policromi) copriranno la struttura degli edifici dell'epoca controriformistica come quelli di stile barocco, con ritmi e motivi ripetuti più e più volte, intervallati soltanto da fredde statue o da gonfi stucchi: ne risulterà un esito peculiare, che però non si discosterà dai connotati negativi che solitamente sono conferiti allo stile barocco nella sua interezza. Fra gli interni attribuibili al periodo sono: la chiesa di Santa Caterina, la Casa Professa, le cappelle dell'Immacolata in San Francesco, del Crocifisso nel duomo di Monreale, di casa Sperlinga in San Domenico; qui l'orrore del vuoto danneggia l'estetica della struttura con un'ornamentazione eccessivamente dinamica. Soltanto nella seconda metà del secolo si assiste a una rivalutazione della struttura: è il periodo della frequentazione dell'ambiente romano che consente agli architetti del luogo, soprattutto religiosi, di formarsi una cultura più solida, cui farà seguito un gusto più consapevole. Per questo, Paolo Amato nella chiesa del Salvatore si servirà delle piante ovali romane; Giacomo Amato, esprimerà nei prospetti delle chiese di Santa Teresa alla Kalsa e della Pietà la migliore architettura del secolo. Nel corso del Seicento e per tutto il secolo successivo i rapporti degli architetti con i loro colleghi di Roma e Napoli diventeranno sempre più assidui. Palermo diventerà la meta di alcuni affreschisti, provenienti da diverse zone della Sicilia; a costoro sono dovuti soffitti e cupole sfondati con cieli fittizi, in cui alle nubi si alternano sciami d'angeli e cherubini che coronano Santi e Madonne: risultano evidenti i richiami alle decorazioni romane dei Maratta, dei Conca e dei Giaquinto, che qui non esibiscono lo stesso vigore, in verità. È il caso della Santa Caterina opera di Filippo Randazzo; di San Sebastiano dovuto a Olivio Sozzi e delle chiese di Santa Caterina, San Salvatore e San Matteo, decorate da Vito D'Anna, che emerge fra tutti; la chiesa dei Quaranta Martiri alla Guilla, poi, è testimone dell'opera del fiammingo Guglielmo Borremans, che si aggiunge ai precedenti.

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