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ALARICO (I)
Approfondimento
Approfondimento: ALARICO (I)
Re visigoto della stirpe dei Balti, nato a Perice, sul delta del Danubio, nel 370 circa e morto in Calabria nel 410. Comandò i visigoti, FOEDERATI dell'Impero romano, alla fine del regno di Teodosio I, e mantenne questa funzione all'avvento di Arcadio e Onorio, benché aspirasse al comando delle legioni imperiali. In un primo momento volse le sue mire espansionistiche all'Impero d'Oriente: nel 396, devastata la Tracia, minacciò Costantinopoli e, passate le Termopili, si spinse, saccheggiando la Grecia, fino nel Peloponneso. Respinto da Stilicone, ritornò in Pannonia, ottenendo però da Arcadio il titolo di MAGISTER MILITUM o DUX dell'Illirico. Acclamato re dai Visigoti, si volse allora all'Italia: nel 400, vinte le resistenze romane al Timavo, si impadronì di Aquileia e le sue soldatesche dilagarono nella pianura padana. Sconfitti da Stilicone a Pollenzo (402) e a Verona (403), i visigoti dovettero ritirarsi al di là delle Alpi, mentre la residenza dell'imperatore veniva trasferita da Milano a Ravenna. Ricostituite le sue forze in Illiria, Alarico nel 408 ritornò in Italia e, dopo vani tentativi di trattative con Onorio, avanzò su Roma. Il 24 agosto 410 si impadronì della città, che fu abbandonata per tre giorni al saccheggio delle truppe. L'emozione che la rovina di Roma suscitò in tutto l'Impero è in parte riflessa nella "Città di Dio" di Sant'Agostino. Da Roma Alarico si spinse velocemente, attraverso l'Italia meridionale, verso Messina, nella speranza di conquistare la Sicilia e l'Africa. Era diretto a Reggio, quando morì improvvisamente. Secondo la tradizione riferita dal goto Giordane, e cantata dal Von Platen e da Giosuè Carducci, i suoi uomini l'avrebbero seppellito nell'alveo del Busento, in territorio di Cosenza, dopo aver deviato il corso del fiume. v. anche CRATI