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Provincia di PORDENONE
Capoluogo: Pordenone
Scheda
- Superficie: 2.273,22 Kmq
- Abitanti: 312.359
- Densità: 137,41 ab./Kmq
- Codice ISTAT: 093
- Numero comuni: 51
Provincia di Pordenone - Statistiche
Territorio. Il territorio della provincia di Pordenone, articolata in 51 comuni, è stato disegnato definitivamente nel 1968 quando, all’interno della vasta provincia di Udine, fu riconosciuta l’autonomia del cosiddetto Friuli Occidentale o Destra Tagliamento, un compatto rettangolo tra i fiumi Tagliamento e Livenza, che segnano lunghi tratti di confine con la provincia di Udine e quella veneta di Treviso. Il territorio comprende un’ampia zona montana -che fu battezzata “Prealpi Carniche” ma che deve essere chiamata “Prealpi Pordenonesi-, una ristretta fascia collinare e una lunga pianura. La zona montana deve essere ulteriormente distinta: la parte più settentrionale, l’ossatura delle Prealpi Pordenonesi, è la parte geologicamente più antica, costituita all’inizio dell’era mesozoica da sedimenti del Trias, che i geologi definiscono della “dolomia principale”, sui cui sedimenti, procedendo verso sud, si sviluppano -dal Cansiglio alla Val Cellina, alle montagne del Meduna e dell’Arzino- le formazioni calcaree del Giura e del Cretaceo. La struttura di questi giacimenti è tale che i bordi meridionali sono rialzati rispetto a quelli più interni. Il bordo esterno più rilevato ha favorito l’instaurarsi dei fenomeni carsici e ha costretto i fiumi a svolgere una incessante azione di erosione regressiva per giungere al piano, evidente negli orridi del Cellina, del Colvera e del Cosa e negli stretti “canali” (solchi vallivi a pareti molto ripide e ravvicinate) del Meduna e dell’Arzino: queste valli si aprono internamente a forme più ampie e accoglienti, perché sono il risultato dell’azione erosiva di lingue glaciali, che non hanno avuto la forza di superare l’ultima soglia, che solo i fiumi sono riusciti a incidere. La necessità dello sfruttamento idroelettrico di queste valli ha determinato profonde modificazioni con i bacini lacustri della Molassa, del Tul, di Maraldi, Tramonti, Barcis, Vajont, Ciul, Selva e Ravedis. Il clima è submediterraneo di media latitudine e di tipo montano -con lunghi autunni umidi, inverni asciutti, nevi abbondanti e tardive, primavere piovose ed estati calde- e favorisce il fenomeno dell’abbassamento dei limiti altimetrici, che qui raggiunge valori eccezionali, con la conseguente collocazione, a quote molto basse, di specie che sono altrove tipiche di orizzonti più elevati. Tra la zona montana e i depositi della pianura si estende la ristretta fascia collinare, costituita da arenarie, conglomerati, argille e marne, che le conferiscono morfologie dolci e arrotondate. L’insediamento umano in questa fascia, soprattutto nella parte settentrionale, è polverizzato in decine e decine di abitati, privi, a volte, di un autentico centro storico di aggregazione e convergenza. I depositi dei fiumi Cellina, Colvera, Meduna, Cosa, Arzino e Tagliamento hanno formato, durante l’ultimo periodo postglaciale, l’alta pianura, che si estende dall’area pedemontana fino alla linea delle risorgive ed è fittamente abitata ai bordi -lungo la fascia pedemontana, lungo il corso del Tagliamento e lungo la linea delle risorgive-; magredi e grave, per povertà o assenza di humus o per eccessivo grado di permeabilità, hanno invece ostacolato l’insediamento entro questo perimetro. La linea delle risorgive è una fascia abbastanza larga, che corre dove le acque dei fiumi prealpini, inghiottite dallo strato ghiaioso dell’alta pianura, riemergono in centinaia di polle,
rigagnoli, paludi, canneti, macchie silvestri, torbiere e sfuma nella bassa pianura sabbiosa e argillosa, dove l’agricoltura è molto progredita e coesiste con l’industrializzazione diffusa; è disseminata di nuclei abitati ed è percorsa da una fitta rete stradale che insiste, in parte, sulle tracce della centuriazione romana del I secolo a.C.
Lo stemma provinciale, a sfondo azzurro e bordi dorati, è stato concesso con Decreto del Presidente della Repubblica; su di esso è raffigurata l’immagine della Dea Concordia, che tiene in una mano un ramoscello d’ulivo e nell’altra una cornucopia d’oro piena di frutti. Su lista azzurra compare il motto: CONCORDIA PARVAE RES CRESCUNT.
Comunicazioni. La rete stradale provinciale è strettamente collegata alla rete del capoluogo, a quella di tutti i comuni, grandi e piccoli, e alla maglia costituita dalle strade statali e dalle autostrade. Le principali direttrici del traffico autostradale sono la A23 Udine-Carnia-Tarvisio, la A27 Mestre-Vittorio Veneto-Pian di Vedoia e la A28 Portogruaro-Pordenone. Estremamente articolata è la maglia della viabilità ordinaria: gli assi viari più importanti sono rappresentati dalle strade statali n. 13 Pontebbana, n. 53 Postumia, n. 251 della Val di Zoldo e Val Cellina, n. 463 del Tagliamento, n. 464 di Spilimbergo e n. 552 del Passo Rest. La rete ferroviaria è costituita dalle linee Sacile-Gemona, Portogruaro/Caorle-Casarsa, Conegliano-Ponte nelle Alpi, Padova-Calalzo/Pieve di Cadore, Venezia-Udine, Udine-Tarvisio.
Storia. Il moltiplicarsi delle indagini archeologiche, dei rinvenimenti, degli studi e delle pubblicazioni fa emergere dall’ombra tutte le più remote vicende della provincia, in particolare la preistoria e la protostoria fino alla romanizzazione e ai due secoli della dominazione longobarda. Le tracce più antiche della presenza umana appartengono al paleolitico medio e sono venute alla luce nella zona di Sequals; più consistenti sono i reperti del paleolitico superiore o mesolitico e del neo-eneolitico: gli insediamenti punteggiavano la “via del Pedemonte” e la fascia delle risorgive, le due direttrici che nella storia locale giocheranno per millenni un ruolo di fondamentale importanza. Nel corso dell’età del Bronzo si moltiplicarono gli insediamenti lungo il corso del Tagliamento, che garantiva un sicuro percorso tra le Alpi e il mare. I rinvenimenti archeologici attestano la presenza, nell’età del Ferro, della cultura paleoveneta, che aveva come centro la zona di Este-Padova; i toponimi e le fonti letterarie attestano invece la presenza della cultura carnica, da connettere all’espansione di tribù celtiche dell’Europa centrale nel V-IV secolo a.C. La romanizzazione ebbe inizio, tra il III e il II secolo a.C., dal vicino Veneto (prima da OPITERGIUM e poi da AQUILEIA) e interessò quasi esclusivamente la parte meridionale della provincia, percorsa dal tracciato di due importanti arterie stradali: la VIA POSTUMIA, che collegava Genova ad Aquileia, e la VIA ANNIA, da Adria ad Aquileia. Tra il 42 e il 40 a.C. Ottaviano fondò la colonia di JULIA CONCORDIA e promosse la centuriazione di tutta la parte centromeridionale della provincia; successivamente lo sfruttamento del territorio risalì lungo il corso del Tagliamento, soprattutto dopo la completa sottomissione delle tribù carniche a opera di Tiberio e Druso. Le reiterate invasioni di quadi, marcomanni, alamanni, visigoti e unni devastarono la zona dal II al VI secolo d.C. Nel VI secolo i longobardi di Alboino invasero il Friuli e inaugurarono una nuova fase della storia pordenonese: la fondazione dell’abbazia benedettina di Sesto, promossa dai figli di un duca longobardo di Cividale, rappresentò un avvenimento destinato a segnare l’identità della provincia, per l’autorità religiosa e civile di cui godettero gli abati, che contribuirono alla rinascita della vita e alla riorganizzazione del territorio dopo secoli di guerre e distruzioni. Succeduti ai longobardi i franchi, la rinascita carolingia fu stroncata dalle incursioni magiare, che fecero retrocedere di qualche secolo la vita civile. In seguito a questa tragedia furono accolti numerosi slavi ad abitare terre abbandonate e gli imperatori germanici offrirono al patriarca d’Aquileia il potere feudale sull’intero Friuli: proliferarono i castelli e i feudatari si riunirono nel Parlamento della Patria, costituito da più di cento membri. Le invasioni ungare e la presenza di quest’organo di autogoverno ritardarono lo sviluppo della vita comunale -che qui si verificò nel XIV secolo-, con le sole eccezioni di Sacile e Pordenone. Tra il 1418 e il 1420 la repubblica di Venezia occupò l’intero Friuli, fatta eccezione per Pordenone, la cui conquista avvenne solo nel 1508 nel corso delle vicende connesse con la lega di Cambrai. L’occupazione veneziana favorì lo sviluppo economico di Pordenone, che gettò le basi del futuro sviluppo industriale, ma impoverì il mondo contadino, la cui rivolta esplose nel 1511, dopo i massacri dei turchi bosniaci e un’impressionante serie di carestie e pestilenze, seguite dalla persecuzioni connesse alla protesta luterana. Nel XVII secolo la popolazione sopravvissuta era poco meno della metà di quella del secolo precedente: si mise così in moto il fenomeno dell’emigrazione prima verso Venezia, poi, nel Settecento, verso Trieste e l’impero austro-ungarico. Il periodo della dominazione austriaca fu contrassegnato da una fortissima depressione ma anche da una serie di elementi di crescita che prepararono lo sviluppo della zona: la realizzazione della strada statale Pontebbana, l’istituzione della scuola elementare in ogni nucleo abitato, il decollo delle industrie pordenonesi, l’utilizzazione dell’energia elettrica, la diffusione delle idee liberali e unitarie dopo il 1848, il collegamento ferroviario con Venezia e Trieste e il plebiscito di annessione all’Italia. Drammatici furono gli anni del primo conflitto mondiale: nel novembre 1917, dopo la rotta di Caporetto, tra il Tagliamento e il Livenza si ebbero gli unici ma inutili tentativi di fermare l’avanzata austro-tedesca. La seconda guerra mondiale impose un alto prezzo in vite umane e molto dura fu la resistenza partigiana sulla montagna pordenonese, soprattutto dopo la creazione della Zona libera del Friuli e della Carnia. Nel 1945 cominciò la ricostruzione, cui seguì lo straordinario
sviluppo industriale che avrebbe guadagnato a Pordenone il titolo di capoluogo di provincia del Friuli Occidentale, di cui era sempre stata la massima espressione.
Struttura socio-economica. L’industria, con una percentuale di addetti superiore alla media nazionale, è la struttura portante dell’economia della provincia. Il processo di industrializzazione, che appartiene in gran parte ai decenni del secondo dopoguerra, ha determinato un abbandono delle Prealpi e un afflusso verso i maggiori centri della zona pedemontana (Maniago e Spilimbergo) e soprattutto verso la pianura. I settori trainanti dell’economia provinciale sono quelli metalmeccanico e del legno. Il primo comprende imprese operanti sia nel comparto metallurgico, tra cui le coltellerie di Maniago, sia in quello meccanico, concentrato soprattutto nel Pordenonese. Oltre ai comparti metalmeccanico, dell’elettricità e dell’elettronica, l’altro punto di forza è rappresentato dal comparto del legno. Di recente espansione sono i comparti dell’abbigliamento, della carta, della gomma e della plastica. L’agricoltura, notevolmente meccanizzata, contribuisce a determinare una parte considerevole del reddito, soprattutto con l’espansione delle colture specializzate e industriali: un notevole grado di organizzazione ha raggiunto la vitivinicoltura (zona vitivinicola del Grave del friuli). La distribuzione degli occupati evidenzia inoltre lo sviluppo del settore terziario, con la forte espansione del credito e dell’istruzione.
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