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LADINO
Approfondimento
Approfondimento: LADINO
Nome dato a un gruppo di lingue neolatine (analoghe al castigliano, al provenzale e al catalano) in uso in alcune regioni alpine: oltre al Friuli-Venezia Giulia, il cantone svizzero dei Grigioni (Sopraselva, Sottoselva, Engadina) e alcune valli dolomitiche dell'Alto Adige. L'area delle lingue ladine un tempo era assai più vasta e tende ancora a diminuire di fronte al tedesco, all'italiano e ai dialetti veneti. Con la migrazione dei popoli e la progressiva perdita di spazio linguistico si è distinta in tre zone: Graubunden con il "Rumantsch", Dolomiti, con il "Ladin", e Friuli, con il "Furlan". Mentre il romancio ha subito l'influenza del tedesco, come il ladino dolomitico, il friulano ha subito quella dello slavo, oltre che dei dialetti veneti. Nonostante le differenziazioni, secondo l'Ascoli il ladino costituisce comunque un'unità indipendente, all'interno del sistema delle lingue neolatine. Il termine fu introdotto da Graziadio Isaia Ascoli, linguista e studioso della grammatica comparativa, per indicare il complesso costituito dal romancio parlato nei Grigioni, dal ladino propriamente detto, in uso nelle valli dolomitiche dell'Alto Adige, e dal friulano parlato nel Friuli. L'origine più remota del ladino si fa risalire alla presenza romana iniziata venti secoli fa (nel 1985 si sono festeggiati i 2000 anni di cultura ladina, facendo riferimento al 15 a.C., anno in cui il romano Druso conquistò la regione alpina). La nuova lingua, scaturita dalla fusione dell'antica cultura celtica (reta) con quella dei romani, potrebbe essersi originata intorno al primo secolo d.C., strutturandosi, poi, intorno ai secoli VIII e IX e diffondendosi fino al XVI o XVII secolo, come dimostrano numerosi nomi di masi e di luoghi dell'attuale Alto Adige trilingue. Successivamente, a causa delle migrazioni delle popolazioni germaniche, fu isolata nelle valli laterali, difficilmente raggiungibili; la Val Venosta superiore, per esempio, nel XVII secolo venne germanizzata con divieto dell'uso del ladino. Al di là del vicino confine oggi si parla ancora il romancio. Tentativi di germanizzazione ci furono, quindi, nel XIX e nel XX secolo. La coscienza nazionale ladina, destatasi nel XIX secolo grazie anche alla pubblicazione dei primi giornali e calendari in quella lingua, fu frenata dallo scoppio della prima guerra mondiale ma quando, nel 1919, entrarono a far parte dell'Italia, i ladini chiesero il riconoscimento del gruppo etnico, l'autonomia politica e la protezione della loro lingua. Le loro richieste, però, non solo non furono accolte ma si scontrarono, di lì a poco, con un atteggiamento di segno esattamente opposto, determinato dall'avvento dei fascisti al potere. Questi non solo negarono al ladino la dignità di lingua, dichiarandolo null'altro che un dialetto italiano, ma divisero la popolazione ladina tra tre giurisdizioni amministrative: quella della provincia di Belluno, quella della neoistituita provincia di Bolzano (nel 1927) e quella della provincia di Trento. L'obiettivo dichiarato della tripartizione era la rapida assimilazione dei ladini, che nel 1939 nelle province di Bolzano e Belluno (Veneto) erano classificati "di origine straniera". La tripartizione non è stata mai accettata dalle popolazioni interessate, che nel 1946 organizzarono manifestazioni di protesta, chiedendo maggiori diritti per le minoranze. Solo ultimamente il ladino è stato riconosciuto come lingua e oggi è materia obbligatoria nelle scuole, usata anche per diverse pubblicazioni nonché per trasmissioni radiofoniche e televisive. Nella provincia autonoma di Bolzano la popolazione dell'Alta Badia e della Val Gardena è riconosciuta come terzo gruppo etnico e come tale è protetta e incoraggiata nella conservazione della propria cultura e della propria lingua.