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JUVARRA, FILIPPO
Approfondimento
Approfondimento: JUVARRA, FILIPPO
Nato nel 1676 a Messina, fu fra i maggiori architetti italiani del Settecento. Gli fu affidata la progettazione dell'opera di ingrandimento di Torino, che avrebbe incluso la nascita di edifici monumentali, atti a conferire un aspetto sempre più adeguato al suo ruolo di capitale. Benché più volte sottoposto a periodi di vassallaggio nei confronti della Francia, oltre che di decadenza, lo stato sabaudo risultava tra i più attivi e vitali, soprattutto a merito di Vittorio Amedeo II (1666-1732) che, pur perseguendo una politica spesso ambigua per gli improvvisi capovolgimenti di alleanza, fu in grado di operare con abilità, cui si aggiunse la fortuna di poter annettere sempre più territori ai propri domini, fino a trasformare in regno il proprio ducato. Di qui nacque l'esigenza di coinvolgere un architetto, forse l'ultimo italiano di risonanza europea, che ebbe l'incarico di progettare l'ampliamento della città, pur nel rispetto del precedente impianto urbanistico. Chiamato dal sovrano nel 1714, l'artista sin dai suoi primi progetti manifesta l'intento di conferire alla città un aspetto meno cupo e impenetrabile di quello assegnatole dal Guarini: si diede alla scelta di soluzioni più armoniche e soprattutto luminose (come la scelta del marmo bianco in luogo del mattone rosso del Guarini), influenzate evidentemente dagli esempi romani del Bernini e del Fontana, a fianco del quale Juvarra aveva lavorato a Roma. Per circa dieci anni, tra il 1703 e il 1714, infatti, l'architetto messinese aveva eseguito numerose scenografie per il teatro della cancelleria, fondato dal cardinale Pietro Ottoboni, fra i principali sostenitori dell'Arcadia letteraria. Proprio quelle innovazioni in ambito scenografico gli consentono di superare le forme del Barocco classico, che ormai risultavano stantie, in favore di nuove soluzioni architettoniche. Torino era divenuta capitale del regno sabaudo soltanto nel 1563, per volere di Emanuele Filiberto, che aveva trasferito la propria residenza dalla Savoia al Piemonte; per questo il suo impianto architettonico risultava decisamente povero: lo impreziosivano soltanto i resti della porta Palatina (romana) e il Duomo quattrocentesco. Esaminare la tecnica progettuale dello Juvarra significa in primo luogo comprendere il ruolo che egli si era ritagliato in tutte le fasi della costruzione dell'edificio; non è peregrino paragonarlo al Brunelleschi, per la rigidità con cui organizzava il cantiere: vi lavoravano maestranze di diversa estrazione culturale e soprattutto di differenti nazionalità. Per il messinese l'architettura è costituita da un insieme indissolubile di elementi, in cui devono essere compresi il momento della progettazione (di cui abbozza su carta i primi pensieri e studi, che verranno trasferiti su disegni tecnici eseguiti in seguito a calcoli matematici); l'ideazione dei singoli elementi decorativi (che può comprendere anche l'ideazione del mobilio e degli affreschi da dipingere nelle sale, come è il caso della palazzina di caccia di Stupinigi). Nell'arco di circa venti anni egli riuscì a far costruire numerosissime opere a Torino e in tutto lo stato sabaudo: celebre è sicuramente la scala a "forbici" di Palazzo Reale; come sono da ricordare la facciata di Palazzo Madama; la Basilica di Superga e la Palazzina di caccia di Stupinigi. Morì a Madrid nel 1736.