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FORMAGGI PIEMONTESI

Approfondimento

Approfondimento: FORMAGGI PIEMONTESI

Si distinguono in: formaggi a pasta dura, tra i quali è il Grana Padano; formaggi a pasta semidura, in cui sono compresi Bra, Castelmagno e Raschera; formaggi a pasta molle, cui appartengono Gorgonzola, Taleggio e Toma Piemontese; formaggi freschi, tra i quali sono Murazzano e Robiola di Roccaverano. Agli albori del primo millennio i monaci cistercensi di Chiaravalle dettero origine al Grana Padano, con la conservazione di formaggi stagionati, risultanti dalle eccedenze di produzione di latte. Il 1150 e il 1200 furono anni importanti per le produzioni del Grana Padano, che verso la metà del XV secolo fu considerato il formaggio più famoso d'Italia. Se il suo gusto dolce e saporito è stato particolarmente apprezzato, determinante per la sua diffusione è stata la sua originale struttura granulosa, diversa da tutte le altre strutture casearie, che ha costituito elemento discriminante per la sua comparsa su molte tavole, in quanto formaggio da consumo ma anche come formaggio da grattugia. Caratteristiche ne risultano anche le forme, con crosta di un giallo dorato oleata, la pasta di colore bianco-paglierino, finemente granulosa, e il taglio a scaglia. In numerose province del Piemonte ma anche in Lombardia, in provincia di Trento, nel Veneto, a Bologna, Ferrara, Forlì, Piacenza e Ravenna ne risulta rinomata la produzione. È uno dei prodotti del patrimonio alimentare italiano e dal 1996 ha ottenuto la denominazione d'origine protetta (DOP); il rigoroso disciplinare di produzione delle aziende associate al consorzio di tutela ne garantisce la provenienza. Di pasta semidura, il Bra, di produzione montana dal 1300, originario di paesi e vallate cuneesi (in particolare di Bra), viene commercializzato sui mercati piemontesi e liguri dopo la stagionatura; costituisce l'ingrediente ottimale per la preparazione del pesto ligure. Sua caratteristica predominante è la pasta semigrassa, pressata, prodotta con diversi tipi di latte: vaccino, ovino, caprino più o meno stagionati. Prodotto principalmente in provincia di Cuneo, si distingue in tre tipi: tenero, duro e d'alpeggio; ha forma cilindrica. I due tipi (tenero e duro) sono stati classificati come prodotti DOC dal 1983, con riconoscimento DOP dal 1996: la differenza è data dal periodo della stagionatura, dalle dimensioni e dal peso. Le due denominazioni assegnate distinguono le produzioni di zone circoscritte, che prevedono l'utilizzo di latte locale. Tra i formaggi realizzati nella provincia cuneese è il più importante, sia dal punto di vista qualitativo che per le quantità. Le varietà estive sono di particolare pregio, in quanto l'alimentazione delle mandrie è realizzata con foraggi verdi d'alpeggio. Il Castelmagno è un altro formaggio di pasta semidura, erborinata; viene prodotto con latte di tipo vaccino, caprino e ovino. Ha forma cilindrica, è semigrasso e pressato. Deve il nome a un celebre santuario intitolato a San Magno, un soldato romano che, come narra la leggenda, venne perseguitato in montagna, a Cuneo. Le prime produzioni di questo formaggio risalgono al XII secolo, quindi sono contemporanee alla creazione del Gorgonzola, di cui il Castelmagno ricorda le peculiarità principali. Fra le caratteristiche salienti è la sua pasta friabile di colore bianco-avorio, se poco stagionato, con crosta sottile di colore giallo-rosso. Se stagionato oltre i cinque mesi, se ne evidenziano le venature blu, dovute all'erborinatura. Se fresco, ha sapore fine, delicato e poco salato; se stagionato è saporito, forte e piccante. La zona di produzione è quella della provincia di Cuneo. Nell'ottobre del 2001 è stata riconosciuta "la prima via dei formaggi", a Castelmagno, nell'Alta Valle Grana; la nuova strada forestale ha un percorso di tre chilometri, lungo il quale è stata costruita la "casa del margaro", con locali destinati alla caseificazione. Il prodotto risulta di particolare pregio anche perché realizzato in una zona così circoscritta; vi contribuiscono le caratteristiche produttive adottate dai pastori della Valle Grana. Annoverato dai conoscitori tra i più famosi formaggi italiani, per cui riscuote notevole successo presso gli estimatori delle produzioni casearie, risulta pressoché inimitabile. Al 16 dicembre 1982 risale l'assegnazione della denominazione d'origine controllata, al 1996 il riconoscimento del marchio di tipicità e unicità sull'intero territorio nazionale e comunitario, con l'attribuzione della denominazione di origine protetta. Il nome del formaggio Raschera trae origine da quello del lago che si trova alla base del monte Mongioie. Si distingue dalla Toma soltanto per la forma, quadrata, realizzata perché nel passato ne fosse più agevole il trasporto, a dorso di mulo. La produzione e la stagionatura interessano l'intera provincia di Cuneo. Ha le caratteristiche di un formaggio semigrasso, pressato e prodotto con diversi tipi di latte: vaccino, ovino, caprino, a volte scremato per affioramento, ed è un formaggio da tavola dal colore bianco avorio, con pasta consistente ed elastica. Il suo sapore leggero, risulta un po' piccante e sapido, se stagionato. Se ne distinguono due produzioni: il Raschera propriamente detto e quello d'alpeggio. Quest'ultimo viene prodotto a un'altitudine di 900 metri in nove comuni del Monregalese. Nel 1996 ha ottenuto la denominazione d'origine protetta, che ne garantisce unicità e tipicità. Un altro formaggio prodotto in Piemonte, oltre che in Lombardia, è il Gorgonzola, che trova produttori di formaggio con denominazione di origine protetta, in grandi aziende o presso piccoli produttori. Se ne trovano nelle province di Biella, Cuneo, Novara, Verbania e Vercelli e nella zona di Casale Monferrato. La leggenda sulla sua origine lo vuole nato per un errore di un casaro che, distratto da una bella contadina, avrebbe lasciato il suo lavoro prima del tempo e il giorno successivo, per recuperare il tempo perso il giorno prima, avrebbe mescolato la cagliata del latte munto la sera con quello della mattina, ottenendo un formaggio dalle strane muffe verdognole ma dal gusto delizioso. Già nel XII secolo si conosceva uno stracchino di Gorgonzola (il paese famoso anche per via letteraria, attraverso la lettura dei "Promessi sposi"), che tanto somigliava a quello attuale. A Gorgonzola, nei pressi di Milano, si fermavano le mandrie "stracche", dopo la transumanza dalle Alpi alla pianura. Il tipo di formaggio, che dal 1996 ha ottenuto dall'Unione Europea la denominazione d'origine protetta, è un erborinato a pasta molle, bianco paglierino, ricavato da latte vaccino intero pastorizzato, con striature di colore verde-azzurro prodotte da fermenti lattici e da muffe selezionate. La sua denominazione è tutelata dal consorzio di produttori, che ha sede a Novara. Si accompagna bene a vini rossi e rosati leggeri e novelli o a bianchi come il Riesling, il Pinot, l'Orvieto. Il tipo piccante è ben servito con vini corposi, come il Barolo, il Barbaresco e il Chianti. Di pasta molle è anche il Taleggio, le cui origini derivano dalla valle omonima, in provincia di Bergamo: da lì la produzione si sarebbe poi estesa a tutte le Prealpi e alle zone pianeggianti della Lombardia. Attualmente è prodotto nella provincia di Novara, oltre che in numerose province lombarde. Storicamente è antichissimo, risalirebbe ad oltre un millennio fa: ne parlarono già Cicerone, Catone e Plinio. In passato fu servito su tavole papali e nobiliari. Alimento naturale, senza additivi, è definito anche "stracchino stanco". Ha forma di parallelepipedo quadrato, con spessore di 18-20 cm, peso oscillante tra 1,7 e 2,2 chilogrammi e stagionatura di 35 giorni, che gli conferisce le caratteristiche organolettiche. Viene filtrato varie volte per separarlo dal siero. Poi viene salato a mano o in salamoia e messo a stagionare su assi di legno in grotte naturali o in celle a temperatura controllata e con microflora caratteristica, per un periodo che va dai 30 ai 40 giorni. Ogni sette giorni si procede a spugnatura con salamoia, per impedire la crescita di muffe anomale e per far apparire la classica colorazione rosa naturale. Durante le fasi di lavorazione e conservazione, si procede alla marchiatura d'origine (che consiste in quattro cerchi su forma quadrata, al cui interno è la lettera T; in basso a sinistra è stampigliato il numero identificativo del produttore). La marchiatura ne identifica originalità e qualità. Per quanto riguarda la Toma Piemontese sin dall'XI secolo si avevano notizie di un preparato molto simile al suo impasto ma le origini del formaggio risalgono addirittura all'epoca romana. Semicotto, semigrasso, dalla forma cilindrica, prodotto con latte vaccino intero e parzialmente scremato, a pasta morbida e semidura, ha un sapore che varia dal dolce all'intenso, fragrante. Le zone di produzione sono le province di Novara, Vercelli, Biella, Torino e Cuneo, cui si aggiungono comuni delle province di Asti e Alessandria. Le forme hanno un peso che varia dai due agli otto chilogrammi, con stagionature dai quindici ai sessanta giorni, che consentono di ottenere il sapore equilibrato, caratteristico della toma piemontese, ottenuto dalla stagionatura in "crote" (le cantine oscurate). È dotato di due marchi: di origine e di qualità. L'origine è posta nell'attimo della formatura, sul fondo degli stampi, con matrice, che imprime sul formaggio, in negativo, il logo della denominazione di origine protetta. Sono inseriti il codice identificativo del produttore, il numero di lotto e la distinzione della tipologia (lettere T/S). Il marchio è stampato al centro di un'etichetta, personalizzata dal produttore; reca il numero identificativo dello stabilimento, il riconoscimento della denominazione d'origine del 10 maggio 1993 e quello della denominazione di origine protetta del 1º luglio 1996, l'eventuale scritta: "latte crudo". Le tecniche e i modi di produzione ricalcano gli stessi adottati e descritti negli antichi manuali medioevali. Riferimenti al formaggio Murazzano si leggono nella "Naturalis Historia" di Plinio; le sue origini devono essere ricercate nell'elenco dei formaggi astigiani. Formaggio grasso di forma cilindrica e con pasta fresca, viene prodotto con latte ovino e, in taluni casi, con l'aggiunta del 40% di latte vaccino. Si presenta come un tomino bianco latte, consistente e privo di crosta, dal sapore leggero, lievemente profumato. Si produce in diversi comuni della provincia di Cuneo e nelle zone collinari dell'Alta Langa. Il nome è stato scelto anche per distinguerne le origini e per sottolineare il suo legame con il territorio di produzione e con le tradizioni casearie della zona. Nel 1984 è stato costituito il consorzio di tutela, aderente all'associazione, che dal 1996 raggruppa i consorzi dei formaggi DOP (Denominazione Origine Protetta) del Piemonte. Le origini storiche della Robiola di Roccaverano si fanno risalire al periodo celtico-ligure; in seguito ne riferirono anche Plinio e Pantaleone, che ne apprezzarono le qualità e ne descrissero il ciclo produttivo. Formaggio che non richiede stagionatura né maturazione, assolutamente fresco, ha forma cilindrica, è piuttosto grasso, ed è prodotto con diversi tipi di latte: vaccino, di capra e di pecora, che provengano da due mungiture al giorno. Ha pasta granulosa, colore bianco latte, aroma delicato e sapore acidulo. Viene prodotto in diversi comuni delle province di Asti e Alessandria. Il 14 marzo 1979 con DPR è stata conferita l'assegnazione della denominazione d'origine, dalla quale le caratteristiche sono identificate come segue: "Formaggio grasso a pasta fresca non sottoposto ad alcuna maturazione o stagionatura, prodotto con latte di vacca in misura massima dell'85% e di capra e pecora in rapporto variabile o in purezza, in misura minima del 15%, proveniente da due mungiture giornaliere, parzialmente decremato per affioramento. L'alimentazione base delle vacche, capre e pecore deve essere costituita da foraggi verdi o conservati. Si produce durante l'intero anno".

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