UNGARI:
Popolo nomade di lingua ugro-finnica proveniente dalla steppa asiatica, nato dalla fusione di tribù turche e irano-caucasiche e stanziatosi, intorno alla fine del IX secolo, nelle pianure del Tibisco e del medio Danubio, in Pannonia. Furono abili guerrieri, dediti prevalentemente a scorrerie di saccheggio -raramente s'impegnarono in assedi di castelli e città fortificate-; con sistematica frequenza s'indirizzarono verso l'occidente per alcuni decenni, seminando il terrore con la loro crudeltà e la ferocia del loro aspetto. Abilissimi cavalieri, maneggiavano con uguale perizia arco, lancia, ascia e spada secondo le necessità ma furono particolarmente rinomati come arcieri a cavallo; questi ultimi, infatti, costituivano il grosso dell'esercito e spesso ebbero ragione della cavalleria pesante delle armate occidentali. L'Italia subì le scorrerie degli ungari dall'899 al 954. Un primo tentativo di arrestarne l'avanzata, compiuto dal re d'Italia Berengario I, fallì in una cruenta battaglia sul Brenta lasciando campo libero alle orde ungare. L'incursione più lunga e devastante fu quella del 937-938, che attraversò tutta la penisola fino alla Campania e investì anche la maggior parte delle regioni europee (Baviera, Turingia, Sassonia, Franconia e Borgogna). Una nuova spedizione fu intrapresa nel 942, con l'intenzione di attaccare direttamente Roma: respinti dalle difese della città, gli ungari si spinsero nella Sabina, dove vennero sconfitti e dispersi. Le ultime incursioni sul suolo italiano si situano nel periodo compreso tra il 951 e il 954. Nel 955 l'imperatore Ottone I di Sassonia sgominò a Lechfeld, il 9 agosto, un'armata di 100.000 ungari. In seguito a questa definitiva sconfitta, il popolo ungaro prese stabile dimora in Pannonia dove, dopo la conversione al cristianesimo di re Géza (972-997) e di re Wajk (969-1038), che fu incoronato da papa Silvestro II e assunse il nome di Stefano I, si gettarono le basi per la costruzione del futuro stato dell'Ungheria. Le invasioni di questi guerrieri formidabili, d'altro canto, non lasciarono tracce riconoscibili sul suolo italiano e spesso i segni del loro passaggio si confondono con quelli lasciati dalle bande saracene.