REGNO DI TRINACRIA: Regno creato provvisoriamente in Sicilia nel XIV secolo per porre fine alla guerra tra Angioini e Aragonesi che si disputavano il possesso dell'isola. Secondo la logica dei tempi, il potere discendeva da diritti che nulla avevano a che vedere col volere dei popoli. Così, sulla Sicilia avevano teoricamente giurisdizione i Bizantini, in virtù del simbolico trasferimento di poteri dall'Impero d'Occidente a quello d'Oriente, a opera di Odoacre. Più concretamente, il "diritto" era finito nelle mani del papato, che per secoli ne restò l'indiscusso depositario. Fu così che Ruggero II il Normanno, approfittando anche delle lotte intestine tra gli Arabi, impossessatisi, nel mentre, dell'Isola, riuscì a farsi concedere da papa Onorio II anche l'investitura della contea di Sicilia (1128), dopo essere riuscito a riunire sotto di sé (1127) tutti i domini normanni che lì e in Puglia erano stati ormai assodati. Quando, poi, papa Innocenzo II gli riconobbe i titoli di re di Sicilia, duca di Puglia e principe di Capua, si realizzò l'unificazione politica del mezzogiorno d'Italia, con la fondazione del regno siculo-normanno. A Ruggero II successero Guglielmo I il Malo (1154-1166) e Guglielmo II il Buono (1166-1189); morto quest'ultimo senza figli, il regno passò a sua zia Costanza d'Altavilla che, avendo sposato nel 1186 il figlio di Federico Barbarossa, Enrico VI di Svevia, trasferì a quest'ultimo i diritti di successione al trono di Sicilia e di Puglia. Molti baroni e il popolo di Sicilia, tuttavia, si opposero all'erede svevo e nel 1190 gli preferirono Tancredi, conte di Lecce, nato da un figlio illegittimo di Ruggero II. Sconfitto e ucciso Tancredi nel 1194, Enrico VI ne spodestò il figlio Guglielmo III, che morì prigioniero in Germania nel 1198: con quest'ultimo si estinse la dinastia normanna alla quale succedette la nuova dinastia sveva. Dopo pochi anni morì anche Enrico; a soli tre anni gli successe il figlio Federico II sotto la reggenza della madre, Costanza d'Altavilla, ultima erede del regno normanno, nelle cui mani si trovarono, così, sia il trono di Germania sia quello di Sicilia. A quattro anni Federico perse anche la madre che, com'era consuetudine feudale, alla sua morte ne affidò la tutela a papa Innocenzo III, nella sua qualità di alto sovrano del regno di Sicilia. Nel 1211, con l'appoggio di quest'ultimo, il giovane rampollo riuscì ad assicurarsi la corona del regno di Germania, a patto di tenerla divisa da quella di Sicilia e di impegnarsi in una crociata in Terra Santa. Fu eletto re di Germania nel 1212. Dopo la morte del papa, Federico II si distaccò dal papato, mostrando di voler agire in piena indipendenza. Nel 1215 fu addirittura scomunicato per non aver mantenuto la promessa di guidare la crociata in Terra Santa. Riavvicinatosi alla Santa Sede e quindi incoronato imperatore da papa Onorio III nel 1220, Federico si trovò a governare su Italia, Germania e Sicilia. Gli anni che seguirono segnarono l'inizio del declino di Federico II che nel 1248 fu sconfitto dalla lega nell'assedio di Parma e, l'anno successivo, dovette subire il dolore della cattura e della prigionia del figlio Enzo, vinto a Fossalta dai bolognesi. Ogni tentativo del padre per ottenerne la liberazione fallì e il principe morì in carcere. Federico, che aveva preparato con cura la controffensiva per l'anno successivo, fu colto dalla morte nel 1250, così facendo svanire le aspirazioni egemoniche dell'impero. Del trono siciliano si impossessò, allora, nel 1258, uno dei suoi tanti figli illegittimi, Manfredi, che dal padre ereditò la raffinatezza, l'abilità, l'ambizione e l'amore per la cultura. Da buon sovrano mediterraneo concesse la mano della figlia Costanza a Pietro III di Aragona (erede al trono) e sposò la figlia del re dell'Epiro, alleandosi con le città marinare di Venezia e Genova. Sostenne il movimento ghibellino in Italia e nella battaglia di Montaperti (1260) sostenne Siena nella lotta contro la guelfa Firenze, che fu clamorosamente battuta. I modi audaci e aggressivi che ne caratterizzarono la politica destarono preoccupazioni soprattutto presso il pontefice, che vedeva nel giovane un degno erede del padre, come lui in grado di unire il regno di Sicilia e quello d'Italia sotto un'unica corona. Anche Manfredi fu, dunque, scomunicato dal papa dell'epoca, Clemente IV, che lo sostituì con Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia, già padrone della Provenza e del Piemonte meridionale. La reazione sveva fu smorzata nel sangue: nella battaglia di Benevento (1266) lo stesso Manfredi perse la vita. L'ultimo, patetico tentativo, quello del quindicenne nipote Corradino, si concluse anch'esso tragicamente: catturato a Tagliacozzo, nel corso di un'imboscata (nel 1268), il giovane fu decapitato nella piazza del mercato di Napoli, suscitando la commozione di poeti e storici. Estintasi, così, la dinastia sveva, restavano padroni indiscussi della Sicilia gli Angioini. Nel 1246 il re francese Luigi IX il Santo aveva concesso in appannaggio a suo fratello Carlo I (1226-1285) la contea d'Angiò. Investito del regno di Sicilia da papa Clemente IV nel 1265 e sconfitti Manfredi e Corradino, Carlo assoggettò al suo dominio tutta l'Italia meridionale. Divenuto capo dei guelfi e arbitro delle lotte politiche della penisola, volse le sue mire espansionistiche verso il Mediterraneo e l'Oriente, minacciando l'impero bizantino; in seguito alla crociata contro Tunisi (1270), in cui suo fratello Luigi IX perse la vita, conquistò nuovi territori e altri titoli, tra cui quello di re di Albania (1272) e di re di Gerusalemme (1277). Questa ambiziosa politica costò pesanti tasse al regno di Napoli -come fu chiamato il regno di Sicilia in seguito al trasferimento della capitale da Palermo a Napoli- e provocò nel 1282 la ribellione nota con il nome di Vespri Siciliani. Accanto alla popolazione palermitana c'era anche l'aristocrazia locale, avversa alla dominazione angioina e alleata agli Aragonesi di Spagna: questi ultimi, a loro volta, interessati a mettere le mani sulla Sicilia, parte importante per la loro politica mediterranea. La rivolta si allargò a tutta l'isola e una lega di città si ribellò ai francesi. Ne approfittò Pietro III d'Aragona che, avendo sposato Costanza, figlia di Manfredi di Sicilia, si schierò contro gli Angioini per riscattare i diritti della moglie e farsi incoronare re di Sicilia. Ne scaturì una guerra (la cosiddetta "Guerra del Vespro") che coinvolse tutti i nemici di Carlo I, dai ghibellini italiani ai sostenitori di Manfredi, ai genovesi, che mal vedevano l'alleanza di Carlo I con Venezia, e all'imperatore bizantino Michele Paleologo; dalla parte di Carlo I si schierarono invece il papa e il re di Francia. Carlo I morì mentre ancora imperversava la guerra per il dominio sulla Sicilia. La corona del regno di Napoli passò al primogenito Carlo II lo Zoppo (1248-1309), principe di Salerno (1271), che salì sul trono solo nel 1289, poiché all'epoca della morte di suo padre era prigioniero dei nemici. Carlo II tentò inutilmente di togliere la Sicilia agli Aragonesi; la guerra continuò per vent'anni, anche dopo la morte dei protagonisti, fino al 1302, quando venne firmata la pace di Caltabellotta, che ne segnò non la fine ma solo una tregua. Con il relativo trattato la famiglia spagnola vide riconosciuto il proprio dominio sulla Sicilia e Federico II, fratello del re Giacomo d'Aragona (figlio e successore di Pietro III), assunse il titolo di re di Trinacria, dando inizio alla dinastia siculo-aragonese. Secondo la Pace di Caltabellotta Federico avrebbe sposato Eleonora, figlia di Carlo II d'Angiò, mentre il titolo di re di Sicilia rimaneva agli Angioini, col diritto a riottenere l'isola alla morte del re di Trinacria. Quest'ultima clausola, però, non venne rispettata. L'isola restò, quindi, sottoposta agli Aragonesi in una condizione del tutto subalterna, ben evidente nella definizione di "vicereame spagnolo", che essa dovette accettare fino alla morte di Alfonso il Magnanimo (1416-1458). La conquista del Regno di Napoli (1442) ad opera di quest'ultimo, che quindi fu re d'Aragona, di Sicilia e di Sardegna, segnò la riunificazione della Sicilia all'Italia meridionale, sia pure come vicereame spagnolo. La pace di Caltabellotta aveva segnato comunque la frattura del sud d'Italia in due aree separate e un arretramento rispetto alla politica di unificazione di Federico II. Le conseguenze si sarebbero avvertite anche molti secoli dopo. La separazione fra il regno di Napoli e quello siciliano portò alla costituzione di una realtà politica, sociale ed economica che avrebbe dato vita a un'identità del tutto autonoma. Neppure nel Cinquecento le due realtà furono riunificate: gli Spagnoli conservarono la separazione fra i due stati, che continuarono ad avere strutture politico-amministrative distinte. Di conseguenza, quando nel Settecento e nel primo Ottocento si realizzò l'unione con Napoli, i siciliani si videro come subordinati; da qui nacquero, per esempio, le insurrezioni del 1821. V. anche ANGIOINI e ARAGONESI e COSTANZA I D'ALTAVILLA e MANFREDI e PACE DI CALTABELLOTTA e TRINACRIA e VESPRI SICILIANI