QUINTO ORAZIO FLACCO:
Poeta latino, nacque a Venosa, nell'attuale provincia di Potenza, nel 65 a.C. e morì a Roma nell'8 a.C. La sua famiglia era di modeste condizioni economiche. Il padre, infatti, era un liberto che svolgeva l'attività di esattore delle aste pubbliche ma con sacrificio volle che il figlio ricevesse un'educazione degna di un nobile e lo mandò a studiare a Roma, sotto la guida di Orbilio Pupillo, verso il quale Orazio nutrì, però, scarsa simpatia. Intorno ai vent'anni andò a studiare ad Atene, dove conobbe Giunio Bruto e, dopo l'uccisione di Cesare, combatté a Filippi, nel 42 a.C., con i scongiurati, la cui sconfitta lo costrinse ad esercitare l'attività di scrivano, in seguito alla perdita di un piccolo podere. La sua vita cambiò dopo l'incontro con Mecenate. Ottenne, infatti, oltre all'amicizia e alla partecipazione al suo circolo culturale, anche un podere in Sabina. Poté dedicarsi così alla filosofia, alla lettura e alla poesia e condurre una vita più tranquilla tra la campagna e la città. Mecenate, al quale Orazio dedicò il primo libro delle satire (intorno al 35 a.C.), lo presentò ad Augusto che seppe stimarlo e apprezzarlo a tal punto da affidargli l'incarico di scrivere il "Carme secolare" (17 a.C.), cantato, in occasione dei ludi secolari, da un coro di ventisette fanciulli e ventisette fanciulle. Successivamente, dal 30 a.C. in poi, furono pubblicate le altre sue opere: gli "Epodi", raccolta nella quale sono presenti invettive di carattere letterario e politico, il secondo libro delle "Satire", che contengono importanti spunti autobiografici ed evidenziano uno spirito vivace, demolitore, pur mantenendo un atteggiamento fondamentalmente bonario. Nelle "Odi", in quattro libri, composte tra il 23 e il 13 a.C., sono presenti due caratteri: quello che celebra la grandezza romana e, in particolare, la "virtus" del principe con toni di vera e propria adulazione, e quello, più congeniale ad Orazio perché più sincero, presente nelle liriche che esprimono il senso della fugacità della vita, il desiderio di cogliere l'attimo fuggente, il senso dell'amicizia, il gusto di stare in compagnia. Più mature risultano le "Epistole", in due libri, ognuna delle quali è dedicata a un amico. Partendo dal carattere moraleggiante, già presente nelle "Satire", Orazio giunge ad esprimere riflessioni su aspetti della vita umana, a trattare motivi autobiografici come l'amore per la campagna, l'idea del "giusto mezzo", il desiderio di ricercare la felicità nell'imperturbabilità, nella natura, nell'equilibrio interiore: in particolare, il secondo libro comprende tre lunghe epistole di carattere letterario. La terza, conosciuta con il titolo di "Arte poetica" e indirizzata ai Pisoni, è stata considerata un'operetta a parte e tratta dei generi letterari, dell'unità dell'opera d'arte, del rapporto tra contenuto e forma e della necessità dell'elaborazione formale (LABOR LIMAE).