PIGNATELLI: Nobile famiglia napoletana, di cui si hanno notizie storicamente documentate solo a partire dal 1102, anno in cui le fonti citano Lucio Pignatelli, conestabile di Napoli. Alcuni genealogisti ne fanno risalire le origini al periodo longobardo. Lo stemma dei Pignatelli rappresenta tre pignatte nere, di cui due affiancate sopra la terza, in campo d'oro (una variante le mostra sormontate da un lambello rosso). Secondo la leggenda, nome e stemma risalirebbero all'antenato Ghisolfo, distintosi come comandante sotto il re normanno Ruggero, durante una campagna militare contro i Turchi: si vuole che come prova del suo valore Ghisolfo abbia riportato, dalle cucine di un castello appena conquistato, tre "pignatte"; da quel momento sarebbe stato soprannominato "il pignatello". L'ascesa della famiglia al patriziato napoletano avvenne sotto gli Angioini, sul finire del XIII secolo. Fedele a questi, la famiglia acquistò titoli e feudi e molti suoi membri pervennero ad alte cariche dello Stato e della Chiesa: Bartolomeo Pignatelli, per esempio, fu arcivescovo di Cosenza (1254-66). Acerrimo nemico del sovrano svevo Manfredi, che aveva danneggiato i suoi interessi familiari, il vescovo, nelle sommosse seguite alla morte di Corrado IV (1254), si schierò con i guelfi contro la casa sveva. Grazie al suo atteggiamento venne inviato dai papi Urbano IV e Clemente IV come legato a Carlo d'Angiò in Provenza, per offrirgli la corona di Sicilia. Di lui, però, Dante Alighieri non doveva avere una buona opinione, se è vero che è appunto a lui che il poeta si riferisce nella Divina Commedia (Purgatorio, III, 124-132): qui re Manfredi accusa il "pastor di Cosenza" di aver tolto la sua salma dal sepolcro presso il ponte di Benevento, dove era stata composta da Carlo d'Angiò, e di averla gettata sulle sponde del fiume Liri, in segno di disprezzo, a causa della sua scomunica. Poco tempo dopo, nel 1267, Clemente IV nominava Bartolomeo legato pontificio in Sicilia. Nel XV secolo la famiglia si divise in due rami principali, formati dai discendenti di Stefano e Palamede, figli di Tommaso governatore di Atri: il primo fu capostipite dei marchesi di Casalnuovo, dei Pignatelli della Leonessa principi di Monteroduni e dei duchi di Montecalvo; il secondo diede origine ad altre quattro linee. Di questi quattro rami (i futuri principi Pignatelli Aragona Cortes, duchi di Terranova, principi di Noja per successione femminile dei duchi di Monteleone, i principi di Strongoli, i principi di Aragona Fuentes e i principi di Cerchiara) soprattutto i primi due si distinsero per i meriti acquisiti. Dal 1504 la parte meridionale della penisola e la Sicilia ebbero una posizione subordinata sotto il governo dei viceré spagnoli. Ebbene, già dalla fine del Quattrocento, nella contesa tra Francia e Spagna, i Pignatelli avevano puntato sulla carta spagnola, così rappresentando un esempio tipico della trasformazione del patriziato cittadino nella classe sociale aristocratica neofeudale, disposta alla collaborazione con i sovrani. Essi acquistarono i loro feudi investendo capitali che avevano accumulato grazie al loro servizio per lo Stato e per l'esercito sotto gli ultimi Angioini e i loro successori aragonesi. In questa fase iniziale dell'ascesa della famiglia è degna di nota la personalità di Ettore Pignatelli (morto nel 1537), che gettò le basi per le brillanti fortune familiari nei secoli XVI e XVII. Dal 1514 Ettore fece parte a Napoli del Consiglio reale, costituito dai tre più stretti consiglieri del viceré spagnolo, e nel 1517 si distinse nella repressione di varie rivolte in Sicilia, venendo nominato, perciò, da Carlo V viceré di Sicilia a vita. L'ascesa dalla nobiltà provinciale all'alta aristocrazia, favorita dall'appoggio alla monarchia spagnola, si compì con il matrimonio del quarto principe di Noja con l'erede della casa di Aragona Cortes, discendente del conquistatore del Messico, Hernan Cortes, ed erede della sua inestimabile fortuna. La famiglia ottenne sempre nuovi vicereami (per esempio quelli di Aragona, di Sardegna, di Sicilia) nonché il Toson d'Oro (nel 1659, 1670, 1681, 1731, 1739, 1761) e, nel 1648, il titolo ereditario di principi del Sacro Romano Impero. I Pignatelli Aragona Cortes formarono così una propria linea dinastica nell'alta aristocrazia spagnola mentre i Pignatelli dell'Italia meridionale restarono in secondo piano. Tra questi ultimi, più d'uno, escluso dall'ordine di successione, intraprese la carriera ecclesiastica: nei secoli XVI e XVII essi occuparono oltre venti sedi vescovili. Addirittura molto più in alto ascese Antonio Pignatelli (1615-1700), appartenente al ramo collaterale dei principi di Spinazzola: scelta la carriera ecclesiastica curiale, ottenne il cardinalato e fu elevato al soglio pontificio, assumendo il nome di Innocenzo XII (1691-1700). A proposito dei personaggi più illustri della famiglia, oltre al pontificato di Antonio è degna di nota la partecipazione dei principi di Strongoli agli eventi dell'anno 1799, legati all'avvento delle truppe francesi. In quest'occasione, mentre Francesco Pignatelli (1734-1812) diveniva vicario di Ferdinando IV a Napoli dopo la fuga dei Borboni, i suoi quattro nipoti agivano da eroici sostenitori della Repubblica partenopea e per questo motivo due di loro venivano decapitati e gli altri due erano costretti all'esilio. I principi di Strongoli furono anche fra i primi membri della nobiltà napoletana a salutare l'unificazione italiana nel 1861 e a fornire al neonato Regno d'Italia un senatore: Vincenzo Pignatelli (1806-1881).