PARCO NATURALE DEL MONTE FENERA: Si trova tra le province di Novara e Vercelli, al centro di un territorio in cui storia, cultura e tradizioni si sono reciprocamente influenzate nel tempo. Ha una superficie di oltre 3.000 ettari ed è stato istituito nel 1987. Gli conferisce il nome il monte Fenera, che si eleva sui rilievi della bassa Valsesia e che dal suo profilo è riconoscibile dalla pianura novarese e vercellese. È situato pressoché a eguale distanza dalla pianura punteggiata dalle risaie, dall'alta Valsesia, dove si trova il gruppo del Monte Rosa, e dai laghi d'Orta e Maggiore. Le numerose cavità che si rinvengono nei banchi calcareo-dolomitici sono state originate da fenomeni di carsismo. Vi si sono rinvenuti resti di fauna preistorica, come quelli dell'orso delle caverne, oltre che reperti importanti dal punto di vista etnologico risalenti a diverse epoche, dal Paleolitico all'epoca romana. Ospita circa 30 specie botaniche esclusive, come la "daphne alpina", relitto glaciale, e ben 16 specie di felci, tra cui il capelvenere, l'"osmunda regalis" e la lingua cervina; gli estesi manti di pungitopo tappezzano il sottobosco meridionale e occidentale del monte Fenera. Dopo aver osservato nel 1994 la prima nidificazione di cicogna nera avvenuta in Italia, si è deciso di fare del parco un centro di raccolta di dati relativi a questo uccello forestale e dal 1996 si è proceduto in quel senso. La presenza delle pareti verticali di dolomia, dei coltivi e delle aree di brughiera alberata (sviluppate, queste ultime, ai limiti del parco), costituiscono ambiente favorevole per specie faunistiche che appartengono anche ad habitat differenti, pur essendo il parco coperto per la massima parte da boschi. Dei due tipi di formazioni arboree identificabili nel parco, una è caratterizzata dalla presenza di piante imponenti e senescenti, l'altra ha prevalenza di piante di modesto diametro. Nella prima si trova una fauna tipica indicatrice dell'età del bosco: il picchio rosso minore, il picchio muratore e rampichino, tra gli uccelli; la martora e il ghiro, tra i mammiferi; nella seconda, come nelle boscaglie di ricostituzione, si trovano specie diverse, come lo scricciolo, la capinera e il toporagno, abituali frequentatori delle formazioni arbustive. Tra i diversi ambienti se ne evidenziano alcuni particolari, come quelli rupicoli delle pareti calcaree in cui vivono animali, soprattutto volatili, che raramente si trovano altrove in Valsesia; fra questi: il falco pellegrino, la rondine montana e il picchio muraiolo. Anche i coltivi, rappresentati da prati, orti, frutteti e vigneti hanno una particolare importanza per la diversificazione delle specie animali che li frequentano nelle fasce di transizione. Si trovano, ad esempio: il torcicollo, il picchio verde e il frosone fra i volatili; il capriolo e la lepre, fra i mammiferi, che si servono delle colture per pascolare e del bosco per riposare. Il vigneto, in particolare, offre riparo a specie che ne dipendono in modo esclusivo; fra questi: la tortora, il canapino e lo zingolo nero, mentre nella brughiera, dove la vegetazione è rada e stentata a causa del terreno arido e per il passaggio del fuoco, si trovano animali di particolare interesse dal punto di vista ecologico-naturalistico; fra questi sono: il succiacapre e il falco pecchiaolo. Le caratteristiche di maggiore apertura e di migliore esposizione al sole di questo ambiente favoriscono la vita di rettili, quali il ramarro, il biacco e la vipera comune, prede comuni del biancone, grande rapace che sorvola i cieli del parco con la poiana e il nibbio bruno. Durante l'autunno, nel Parco si osservano due notevoli direttrici di migrazione seguite da migliaia di uccelli che, in direzione nord-est sud-ovest, si spostano verso le zone di svernamento del mediterraneo. Soprattutto in ottobre è possibile assistere a grossi voli di columbidi, corvidi, fringillidi e turdidi, accompagnati da rapaci quali le alberelle reali, gli sparvieri e i gheppi. Dal punto di vista orografico il territorio del parco risulta degradante dagli 899 metri della punta del monte Fenera ai 300 metri sul livello del mare; ciò origina un'esposizione diversificata dei versanti e la notevole presenza di corsi d'acqua che, pure se a regime prevalentemente torrentizio, danno luogo alla varietà di piante ed essenze arboree, anche rare, presenti nel parco. Il 93% della sua superficie è coperta da boschi, in cui prevale il castagno (utilizzato per la produzione di legna da ardere e paleria), ove è possibile trovare ancora piante secolari, un tempo destinate a fornire frutti. Al castagno si affiancano altre specie come il frassino, la farnia, il rovere, il cerro, la betulla, l'acero, il pioppo tremolo, il ciliegio selvatico, il salice e il sorbo montano; se nelle colline meridionali si trova una vera invasione di robinia, negli avvallamenti umidi e lungo i torrenti sono presenti l'ontano e il pioppo nero. Nei versanti più freschi di settentrione si trova il faggio, mentre a meridione, su pareti rocciose e terreni calcarei, sono le tipiche essenze dell'ambiente mediterraneo: l'orniello ma anche il pungitopo e il ginepro, che abbondano. Sporadica è la presenza delle conifere naturali (come il pino silvestre), mentre più diffuse sono quelle d'impianto, preferite dall'uomo per la rapidità con cui crescono (è il caso del pino strobo). Non mancano gli arbusti tipicamente presenti nei boschi, come il nocciolo, il corniolo, la sanguinella, il sambuco, il biancospino, l'evolino, il crespino e il ligustro e tra le piante erbacee, oltre alle presenze più comuni di elleboro, ciclamino, polmonaria, campanellino, croco e dente di cane, si notano anche specie più rare, come la "daphne alpina", la laureola, la "mezereum", l'"iris graminea" e la vite selvatica, o quelle rarissime, di elevato effetto ornamentale, come la lingua cervina, la felce florida e il capelvenere. Da un recente lavoro di catalogazione si sono calcolate ben oltre 800 diverse specie botaniche all'interno dell'area del parco. La presenza dell'uomo sul Fenera, con genti molto diverse, risulta senza soluzione di continuità dal paleolitico medio fino ai giorni nostri: ne sono rimaste importanti tracce. Fra le tracce più evidenti risultano quelle del medioevo: le murature a spina del XII secolo; le rovine del castello di Robiallo; il sistema a "castrum", sviluppato lungo le vie commerciali e i nuclei frazionali posti a valle, risalenti al 1300; tra il XV e il XVI secolo, poi, si è avuto lo sviluppo urbanistico a quote superiori. Più evidenti e ricorrenti diventano in seguito i segni della presenza dell'uomo: la chiesa parrocchiale di Grinasco e la cappella di Sant'Antonio a casa Negri documentano dell'itinerario del Cinquecento e del barocco. Le ultime testimonianze di importanti eventi storici risalgono alla lotta partigiana, vissuta e partecipata con particolare intensità dalle popolazioni locali, che hanno subito la perdita dei familiari: numerose sono le lapidi dei caduti che si trovano lungo i sentieri del parco.