FEDERICO II DI SVEVIA: Nacque a Jesi (AN) nel 1194 e ben presto si trovò nella reggia di Palermo. Rimasto orfano del padre (Enrico VI di Hohenstaufen, figlio del Barbarossa) a tre anni, gli successe sia sul trono di Germania sia su quello di Sicilia, sotto la reggenza della madre, Costanza d'Altavilla, ultima erede del regno normanno. A quattro anni perse anche la madre che, com'era consuetudine feudale, alla sua morte ne affidò la tutela a papa Innocenzo III, alto sovrano del regno di Sicilia. La sua personalità e la sua opera improntarono un'epoca dell'Europa medioevale; per questo il suo operato e le linee della sua politica di imperatore germanico del Sacro Romano Impero, re d'Italia e di Germania, interessano non soltanto l'isola ma anche il resto d'Europa. Nel 1211, con l'appoggio di Innocenzo III, riuscì ad assicurarsi la corona del regno di Germania, a patto di tenerla divisa da quella di Sicilia e di impegnarsi in una crociata in Terra Santa. Fu eletto re di Germania nel 1212. Dopo la morte del papa, Federico II si distaccò dalla santa sede, mostrando di voler agire in piena indipendenza. Nel 1215 fu addirittura scomunicato per non aver mantenuto la promessa di guidare la crociata in Terra Santa. Riavvicinatosi alla santa sede e quindi incoronato imperatore da papa Onorio III nel 1220, Federico si trovò a governare su Italia, Germania e Sicilia. Ben presto si dedicò al rafforzamento del potere centrale. A tal fine ritenne necessaria la ricostituzione del demanio imperiale e il recupero, da parte dell'autorità imperiale, di quel potere di cui i signori locali si erano appropriati in venti anni di indebita autonomia (i baroni, il clero e le città costituivano l'oggetto delle mire imperiali). Gli abusi furono aboliti con energia e Federico procedette a recuperare quanto sottratto illegalmente: fu il caso di concessioni feudali, fortezze e castelli costruiti abusivamente (di cui ordinò la demolizione); i baroni cercarono di opporsi alla politica imperiale ma in favore di Federico fu la rivalità tra i feudatari, che li rendeva non compatti nella resistenza. Nei confronti del papato l'imperatore aveva assunto l'impegno di proseguire con le crociate, organizzandone al più presto una nuova; Federico fu, però, frenato in ciò dai suoi propositi di rafforzamento della corona e dalla sua propensione per la civiltà e la cultura araba. Mantenere l'impegno, però, alla fine fu inevitabile e così ebbe inizio la "sesta crociata". Alla fine di giugno del 1228 Federico salpò da Brindisi alla testa di un esercito crociato ma la spedizione ebbe caratteristiche sensibilmente diverse da quelle delle altre. Durata un anno, essa fu condotta sul piano diplomatico, senza spargimento di sangue: il sovrano d'Egitto si impegnò a una pace decennale (dal 1228 al 1238), con la quale i pellegrinaggi cristiani non venivano ostacolati; a Gerusalemme, poi, Federico fu incoronato re di Gerusalemme (in forza del matrimonio con Isabella di Brienne, il cui padre le trasmetteva il titolo), con ciò completando un'operazione del tutto incruenta. Tale atteggiamento fu interpretato negativamente dal papa, secondo il quale Federico aveva agito scendendo a patti con gli infedeli senza, peraltro, chiedere alla Chiesa le dovute autorizzazioni. La posizione del pontefice nei riguardi di Federico si mostrò ancor più evidentemente quando egli inviò in Sicilia le truppe pontificie contro l'imperatore. Federico, ritornato dalla Terrasanta, sconfisse le truppe papali e riuscì a ottenere dal pontefice un accordo (la pace di San Germano del 1230) e il ritiro della scomunica. Nel frattempo continuava la grandiosa opera di riorganizzazione amministrativa e politica del regno di Sicilia, iniziata qualche anno prima. Centro del potere imperiale fu la Sicilia (al cui regno apparteneva tutta l'Italia meridionale) e Palermo divenne la sede della sfarzosa corte federiciana, che richiamava le lussuose corti orientali per gli spettacoli che vi si tenevano: il loro gusto esotico e sensuale, soprattutto, legittimava il clero a diffondere sull'imperatore giudizi negativi. Alla corte di Federico, però, pervenivano i più alti ingegni della cultura araba e del mondo cristiano; vi si esercitava una poesia che all'epoca non aveva eguali, con ciò dando vita a un fermento culturale straordinario e generando un circolo di poeti che ha poi ricevuto la denominazione di "scuola siciliana", prima scuola letteraria medioevale sorta in Italia. Dal punto di vista politico, il programma di Federico fu ampiamente esposto nelle Constitutiones Melphitanae (definite "Melfitane" in quanto promulgate a Melfi, in Basilicata), pubblicate nel 1231 nel LIBER AUGUSTALIS, che stabiliva la supremazia del sovrano su baroni, comuni e Chiesa. Il manifesto politico di Federico, l'opera legislativa più grande che un sovrano laico abbia diffuso nel Medioevo, sarebbe rimasto principio fondatore del diritto meridionale fino al periodo napoleonico; esso stabiliva l'istituzione di un corpo di funzionari (con compiti amministrativi e giudiziari), della cui formazione si sarebbero prese l'incarico scuole giuridiche istituite allo scopo. Fra queste, prima per istituzione fu quella dell'università di Napoli, fondata nel 1224 e intesa a formare notai, giudici ed esperti di diritto in grado di competere con quelli della scuola di Bologna. La politica di Federico rendeva necessario, così, il reperimento delle risorse finanziarie, che furono ricavate dall'istituzione di monopoli regi (su prodotti di prima necessità e sulle materie prime), dalla creazione delle cosiddette massariae regiae (aziende agricole di proprietà della corona) e dalla riorganizzazione del sistema fiscale, che fu reso anche più gravoso: si ricavarono tributi ordinari e straordinari da ogni tipo di attività produttiva (rurale e non), con ciò opprimendo ancor più le classi più povere, già gravate dal peso delle prestazioni feudali dovute ai signori. Per questo, dal punto di vista economico e sociale, l'Italia meridionale ricevette un duro colpo dalla politica federiciana, tesa a finanziare l'esercito e l'apparato burocratico-amministrativo; a ciò si opponeva una vivacità economica del Settentrione d'Italia, che accentuò il disagio e il malcontento anche nel ceto mercantile, la cui debolezza rispecchiava quella della vita economica urbana del meridione. Al centralismo del regno di Sicilia (del meridione, dunque) si contrapponeva la tendenza all'autonomia comunale del regno d'Italia (nel settentrione, quindi), che costituiva un pericolo per l'autorità imperiale, cui il papato dava il suo appoggio, interessato a contrastare un'unificazione di tutta l'Italia al comando della corona sveva (Federico era sovrano di Germania, oltre che imperatore e sovrano di Sicilia). Al figlio Enrico VII Federico aveva affidato il regno di Germania; Enrico non condivideva la politica paterna, tesa a rendere centrale la Sicilia, sostenendo che in ciò si sarebbe danneggiata la stabilità del potere imperiale in Germania, che veniva abbandonata alle velleità baronali; forte dell'appoggio della Lega fra i comuni lombardi, Enrico, perciò, si ribellò al padre nel 1234 ma nel 1235 fu da lui reso prigioniero (sarebbe morto suicida dopo qualche anno). Federico, approfittando delle divisioni e delle rivalità esistenti tra i Comuni, a Cortenuova, nel 1237, colse la sua più grande vittoria militare contro la seconda Lega Lombarda, così vendicando la sconfitta del nonno, Federico I Barbarossa. La disfatta, però, non scoraggiò né i Comuni né il papato, che scomunicò di nuovo l'imperatore nel 1239. Ma nel 1241 suo figlio Enzo, a capo delle flotte congiunte di pisani e siciliani, riuscì a sconfiggere le navi genovesi (alleate del papa), sulle quali si trovavano i vescovi francesi che papa Gregorio IX aveva convocato a Roma per un concilio nel quale deporre l'imperatore. Anche il successore di Gregorio, Innocenzo IV, avversò subito Federico; convocato un concilio a Lione (nel 1245), ne ottenne la scomunica, che provocò la reazione armata dell'imperatore. La Chiesa mal tollerava la stretta unione tra la corona imperiale e quella del regno d'Italia ma soprattutto mirava ad affermare la supremazia del potere spirituale su quello temporale; d'altro canto, dall'invasione dei longobardi in poi, i pontefici avevano sempre temuto la costituzione di solide realtà politiche nella penisola italiana, che consideravano un loro dominio. Gli anni che seguirono segnarono l'inizio del declino di Federico II che, nel 1248, fu sconfitto dalla lega nell'assedio di Parma e, l'anno successivo, dovette subire il dolore della cattura e della prigionia del figlio Enzo, vinto a Fossalta dai bolognesi. Ogni tentativo del padre per ottenerne la liberazione fallì e il principe morì in carcere. Federico, che aveva preparato con cura la controffensiva per l'anno successivo, fu colto dalla morte a 56 anni, il 13 dicembre del 1250, per una grave infezione intestinale, nella residenza di Castefiorentino, presso Lucera (FG), in Puglia, così facendo svanire le aspirazioni egemoniche dell'impero. Diverse ribellioni in Sicilia e la morte dei suoi collaboratori più fedeli, Taddeo da Sessa e Pier della Vigna, contribuirono a rendere più triste l'ultimo periodo della vita di Federico II. Nel corso della sua intensa vita, Federico aveva sposato, per motivi politici e di continuità dinastica, Costanza d'Aragona, Iolanda di Brienne e Isabella d'Inghilterra. Molti furono i suoi figli ma solo quattro quelli legittimi: Enrico VII e Corrado IV re di Sicilia, cresciuti ed educati lontano da lui, in Germania, poiché destinati a governare quella parte dell'impero, Margherita ed Enrico II; quest'ultimo, figlio dell'ultima moglie, pare fosse il più amato dal padre. I figli illegittimi furono almeno nove -cinque femmine e quattro maschi- e tra questi particolarmente cari all'imperatore furono Enzo, futuro re di Sardegna, Manfredi, che governò la Sicilia alla sua morte, e Federico, principe di Antiochia. La sua figura è una delle più interessanti della storia medievale. La sua complessa personalità (fu denominato STUPOR MUNDI per la sua cultura raffinata e la sua insaziabile sete di sapere) è stata variamente interpretata in base alle diverse convinzioni politiche dei suoi biografi: per quelli di parte guelfa fu un "mostro apocalittico posseduto da Satana", per quelli di parte ghibellina un sovrano saggio e magnanimo. La verità è che Federico II ebbe un'altissima concezione della sovranità e dell'indipendenza del potere politico da quello spirituale; sorretto da una lucida e straordinariamente moderna filosofia del potere, creò un nuovo modello di stato, in cui la vita pubblica era posta completamente sotto il controllo del sovrano e delle leggi. Creò, così, una monarchia accentrata, nella quale un apparato burocratico ben strutturato assicurava l'equilibrio tra il sovrano e i feudatari. Creò un gruppo dirigente meridionale e tolse ai feudatari parte del potere giudiziario, che passò ai funzionari statali. Rafforzò l'intervento dello stato nell'economia e nel sistema militare. Colto e raffinato, amò in modo particolare il suo regno dell'Italia meridionale (che disseminò di splendidi castelli, il più bello dei quali, Castel del Monte, era preferito dall'imperatore come luogo di riposo e di svago), dov'era cresciuto ed era stato educato, usufruendo di una formazione culturale unica, nata dall'incontro delle civiltà normanna, araba e bizantina. E punto d'incontro divenne Palermo, sede della sua corte, tra le culture araba, bizantina, ebraica, latina. Lì il sovrano richiamò artisti e studiosi eminenti e lì, con i suoi figli e alcuni poeti, diede vita alla scuola poetica siciliana. Il suo amore per la cultura si manifestò anche nella fondazione dell'università di Napoli (1224), specializzata in scienze giuridiche, nello sviluppo dell'antica Scuola medica di Salerno e nell'impulso dato agli studi scientifici e filosofici, raccogliendo preziosi manoscritti arabi e greci e curando la diffusione delle opere di Aristotele. Poeta e scrittore egli stesso, compose un trattato di caccia in lingua latina intitolato "De arte venandi cum avibus". V. anche CAPPELLA PALATINA e Constitutiones Melphitanae e COSTANZA I D'ALTAVILLA ed ENZO RE e MANFREDI e PIER DELLA VIGNA e SCUOLA SICILIANA e SVEVI