CELTI:
Gruppo di popolazioni di lingua indoeuropea conosciute dai greci col nome di KELTÓI e dai romani con quello di CELTAE o GALLI, la cui origine rimane ancora oggi oscura. I celti furono i primi, tra tutti i popoli stanziati a nord delle Alpi, a uscire dalle nebbie della protostoria con un'identità ben definita: già nella seconda metà del I millennio a. C., infatti, entrarono in contatto con le coeve civiltà mediterranee. Sulla loro sede primitiva gli studiosi ancora discutono: l'ipotesi predominante fa riferimento, per il periodo neolitico, a una zona dell'Europa centrale, grosso modo compresa tra il Mar del Nord e il corso dei fiumi Reno e Danubio superiore. Nella prima età del ferro (VII-V secolo a. C.), che gli studiosi chiamano periodo di Hallstatt dal nome di una città austriaca dove è stata scoperta un'importante necropoli, i celti si spostarono verso l'arcipelago britannico, la Francia e la Spagna centrale dove, mescolandosi con le popolazioni locali, diedero origine al gruppo dei celtiberi. La spinta espansionistica proseguì nel periodo successivo detto di La Tène dal sito archeologico situato in Svizzera, lungo le sponde settentrionali del lago di Neuchâtel verso il sud dell'Europa e i Balcani, fin sulle sponde del Mar Nero e in Turchia. In questo periodo varie tribù celtiche raggiunsero anche l'Italia, sebbene studi recenti dimostrino come la presenza celtica nella penisola sia molto più antica: risalirebbe, infatti, al XIII secolo a. C., cioè all'epoca della cosiddetta civiltà di Golasecca, dal nome della località in provincia di Varese dove è stata rinvenuta un'importante necropoli; questa civiltà avrebbe esercitato il predominio su un territorio compreso tra la Lombardia occidentale, il Canton Ticino e parte del Piemonte, occupato già dai liguri. Tra le numerose tribù celtiche che invasero l'Italia vanno ricordate quelle degli insubri, dei leponzi e dei cenomani, che si stanziarono a nord del Po, e quelle dei boi, dei lingoni e dei galli senoni, che occuparono i territori a sud del fiume. I senoni, in particolare, spintisi intorno al 400 a. C. dalla Gallia transalpina (le odierne Champagne meridionale e Borgogna settentrionale) verso la Gallia cisalpina, cioè l'Italia settentrionale, dapprima si impadronirono delle città etrusche di FELSINA (Bologna) e Marzabotto (nell'odierna provincia di Bologna, in Emilia-Romagna), poi si espansero in tutta l'Emilia e lungo la costa adriatica da Ravenna ad Ancona, giungendo, sotto la guida di Brenno, a devastare e saccheggiare Roma (390 a. C.); stabilirono infine la loro sede lungo la fascia costiera compresa tra il fiume Montone, in Emilia-Romagna, e l'Esino, nelle Marche. Le loro scorrerie rappresentarono per Roma una continua minaccia, che durò per oltre un secolo, finché nel 295 a. C., nella battaglia di SENTINUM, i romani sconfissero un esercito coalizzato di sanniti, etruschi, umbri e senoni e iniziarono a inviare coloni nel territorio di questi ultimi. Dopo un tentativo di ribellione nel 290 a. C., nel 283 a. C. i senoni furono definitivamente sottomessi dai romani nella battaglia di Vadimone, lungo il corso inferiore del fiume Tevere, e il loro territorio fu completamente occupato: una parte di esso fu confiscato e prese il nome di AGER GALLICUS; colonie romane si insediarono nella città di SENA (283 a. C.), al cui nome fu aggiunto l'aggettivo GALLICA, (l'odierna Senigallia, in provincia di Ancona), e nella città di ARIMINUM, l'odierna Rimini, in Emilia-Romagna (268 a. C.). In seguito all'assegnazione del territorio a coloni plebei (232 a. C.) per il popolo senone ebbe inizio un forte processo di romanizzazione, anche se tracce della presenza gallica rimangono nei dialetti gallo-italici parlati nell'attuale provincia di Pesaro e Urbino e nella parte settentrionale di quella di Ancona. Sconfitti i senoni, i romani rivolsero le armi contro i boi e gli insubri, sconfiggendo i primi a Capo Talamone nel 225 a. C. e i secondi a Casteggio, tre anni dopo. Roma, d'altra parte, si trovò a fronteggiare le varie tribù celtiche non solo sul territorio della penisola ma anche in Europa. L'epopea delle guerre galliche, combattute da Cesare nella Gallia (Francia) e raccontate dallo stesso condottiero nel DE BELLO GALLICO, rappresenta forse la pagina più conosciuta di questo secolare scontro tra romani e celti. Tuttavia anche in altre zone, in seguito sottoposte alla dominazione romana, i celti furono tenaci avversari. Così avvenne in Galazia, parte dell'odierna Turchia, nonché nella Galizia spagnola e in Britannia dove, rispettivamente nel 61 e nel 55 a. C., Cesare sconfisse i celtiberi e i catuvellanui. Il popolo celtico non conobbe una forma statale vera e propria, anche se all'interno delle singole tribù (tuath) emergeva una figura simile a quella del re, il quale rendeva conto del suo operato alla classe sacerdotale dei druidi. La religione rappresentò per questo popolo un forte elemento di coesione, cosicché i druidi rivestirono un potere assai grande. Le classi dei nobili, tutti guerrieri, degli uomini liberi (contadini e artigiani) e degli schiavi, per lo più prigionieri di guerra, completavano l'assetto sociale dei celti. Nelle fonti storiche greche la prima menzione che li riguarda si trova negli scritti di Ecateo di Mileto, geografo vissuto a cavallo dei secoli VI e V a. C. e, successivamente, in quelli di Erodoto (484-425 a. C.) e Posidonio (135 ca-50 a. C.). Per quanto concerne le fonti romane vanno menzionati, fra i molti altri, gli storici Polibio (202-120 a. C.), Livio (59 a. C.-17 d. C.) e Plinio il Vecchio (23-79 d. C.).