CATALANI: Anche se la conquista aragonese risale al XIII secolo (da ricordare principalmente il Regnum Sardiniae et Corsicae creato nel 1297 da Bonifacio VIII che lo concesse come feudo a Giacomo II), la vera dominazione spagnola in Sardegna cominciò ufficialmente soltanto dopo due episodi fondamentali: nel 1478 la sconfitta, a opera degli Aragonesi, del marchese Leonardo de Alagon a Macomer e, nel 1479, l'unificazione del regno d'Aragona con quello di Castiglia attraverso Ferdinando il Cattolico e Isabella. In pochissimo tempo il catalano e il castigliano divennero le lingue ufficiali dei principali centri abitati: addirittura si iniziò a pubblicare i decreti governativi in catalano e a partire dal 1565 il Parlamento sardo decise che gli statuti cittadini, fino ad allora scritti in italiano, dovessero essere tradotti nella nuova lingua; il sardo, intanto, rimaneva confinato nelle campagne. La mescolanza tra i diversi vocabolari fu talmente profonda che ancora oggi ne troviamo tracce in termini simili tra loro, come caffettiera (in spagnolo "cafetere" e in sardo "cafettera"), scaldare (in spagnolo "calentar" e in sardo "calentai"), camicia (sia in spagnolo che sardo "camisa") e molti altri. Ovviamente anche l'arte subì l'affascinante influsso spagnolo, soprattutto nel campo dell'architettura, quella religiosa in particolare (si pensi, ad esempio, alla basilica di Bonaria oppure alla chiesa di San Francesco ad Alghero) ma anche quella civile (ne sono testimonianza le mura che circondano Cagliari, oltre a tutto l'impianto architettonico di Alghero, la principale città catalana della Sardegna). Nel campo della pittura ci fu la diffusione del retablo, polittico monumentale particolarmente elaborato. Gli spagnoli in Sardegna furono anche apprezzati argentari, storici, filosofi. Dal punto di vista prettamente politico, la dominazione spagnola significò la perdita di qualsiasi autonomia per la popolazione sarda. Il sovrano era rappresentato da un viceré di nomina reale e di stanza a Cagliari che, a sua volta, comandava su due governatori, l'uno a Cagliari e l'altro a Sassari. Per ciò che concerne l'amministrazione, il territorio venne suddiviso in feudi, privati o reali, e in alcune città indipendenti, come Cagliari, Sassari, Oristano, Alghero e altre, che comunque erano governate da vicari, podestà e capitani, sempre nominati dal re. I sudditi potevano protestare attraverso il parlamento, che però appoggiava pienamente la politica spagnola. In conseguenza del malgoverno, legato all'indebolimento progressivo della stessa potenza spagnola, la Sardegna visse periodi di decadenza economica, di spopolamento e di isolamento, il tutto aggravato da carestie, pestilenze e incursioni barbaresche. Da non dimenticare, tuttavia, che proprio negli ultimi anni della dominazione vennero fondate le università di Cagliari e di Sassari. La Sardegna cessò di appartenere agli ispanici nel 1713, quando la pace di Utrecht concluse la guerra di successione spagnola (1702-1713), che aveva visto Francia e Spagna combattere contro l'imperatore Carlo VI e l'Inghilterra: la potenza iberica ne uscì di molto indebolita a favore dell'Austria che, tra gli altri territori, ottenne anche la Sardegna. V. anche LINGUE SARDE