BURGUNDI: Popolo di stirpe germanica, di probabile affinità originaria con i vandali. Se ne ha notizia dal I secolo d.C., quando, come ricorda Plinio nella sua "Storia naturale", risiedevano con ogni probabilità ancora nella zona della Vistola fra la Netze e la Warthe. In analogia con le altre popolazioni del gruppo germanico, si suppone abbiano avuto le loro sedi più antiche nella Scandinavia. Dopo essersi mescolati con i vandali, nel III secolo emigrarono verso sud e si scontrarono con i Gepidi e in seguito con gli stessi vandali, dai quali furono ricacciati verso il Danubio e il Reno, dopo i primi scontri con i romani, risalenti ai tempi dell'imperatore Probo. Nella seconda metà del III secolo si stabilirono a nord e a sud del Meno, frequentemente in lotta con i romani, ai tempi dell'imperatore Massimiano (287) e di Giuliano l'Apostata; anche con i confinanti, soprattutto con gli alamanni e i chatti, ebbero a scontrarsi, in ciò fomentati da qualche imperatore romano, come Valentiniano, che fra il 369 e il 370 li aizzò servendosene come di alleati. Allo stesso modo di altre popolazioni barbariche, vandali, svevi, alani, che penetravano in Gallia, si spinsero nei confini dell'Impero agli inizi del V secolo; il grosso della stirpe, però, si stabilì nei pressi di Worms e Magonza, senza darsi alle scorribande nei confini della Gallia: il loro re, Guntiar, in quanto capo dei burgundi che militavano nell'esercito romano, ebbe una parte importante nella proclamazione di Giovino come imperatore romano (nel 411). Per la loro potenza non eccessiva, furono facilmente puniti da Ezio per essersi addentrati nella Provincia Belgica Prima (Metz e Treviri) e sconfitti (nel 437), anche grazie alla collaborazione di mercenari unni, che collaborarono con il generale romano; cadde, così, con il loro primo regno, il re Gundikar (Gundicarius), di cui si narra nel Nibelungenlied (dove si parla di Gunther), che attribuisce, però, la distruzione del popolo ad Attila. La loro stirpe non era stata sterminata: piccole unità della popolazione si unirono ai visigoti che si stabilirono in Spagna; nel 443 altri, in gran numero, si stabilirono pacificamente, dopo averne ottenuto il permesso, entro i confini dell'Impero, nella regione del lago di Ginevra, la Sapaudia, posta sul versante occidentale delle Alpi e del Giura. Ivi ottennero dai romani (o strapparono loro) due terzi dei territori e un terzo degli schiavi e formarono un regno che sarebbe durato fino al 534, prima come federati dell'Impero, sotto la tutela di Ezio, e in seguito in totale indipendenza. Si fusero con la popolazione romanizzata, si riconobbero cittadini di Roma e ne seguirono il sistema di indicazione delle date per consolato; acquisirono la religione cristiana e abbandonarono le loro caratteristiche peculiari di popolo, a meno del nome della regione, che fu Burgundia (come attesta già Cassiodoro), da cui Borgogna. Nel tentativo di estendere i propri domini, si erano impossessati di Lione, che nel 458 era stata loro sottratta dall'imperatore Maioriano, per poi essere ripresa da loro nel 461. A testimonianza dei buoni rapporti che ebbero con i romani è la loro partecipazione nel 476 alla lotta dei romani contro i visigoti del re Eurico, che intendevano espandersi a oriente del Rodano; l'esito del conflitto risultò negativo. Come per gli altri re germanici, il potere dei loro re non fu molto esteso, anche per le limitazioni imposte dai loro compagni d'armi, oltre che per le divisioni patrimoniali interne alla famiglia reale: nel 481, infatti, il regno di Burgundia era diviso fra i tre fratelli: Gundobaldo, che si trovava a Vienne, Godigisel, di Ginevra, e Chilperico, di Lione. Questi morì in circostanze poco chiare nello stesso anno; ne nacque il legittimo sospetto che i fratelli lo avessero fatto assassinare. Nello stesso periodo i Burgundi riuscirono a ingrandire il proprio territorio, che a settentrione comprendeva Langres e a meridione si estendeva lungo il Rodano, fino alla Durance. Al periodo compreso fra il 492 e il 493 risale l'occupazione da parte dei burgundi, guidati dal re Gundobaldo, di Asti, Torino e Vercelli. Se nel 490, ai tempi in cui ancora non era determinato il rapporto di forza fra Odoacre e Teodorico, in Liguria sconfinavano oltre le Alpi, in seguito alla vittoria degli ostrogoti ne furono presto ricacciati. Ma il regno ostrogoto di Teodorico, da un lato, e quello franco di Clodoveo, dall'altro, avrebbero costituito motivo di tensione per il loro territorio, stretto in una morsa, malgrado l'apparentamento di Clodoveo con la famiglia reale dei burgundi, per il matrimonio con la cattolica Clotilde, figlia di Chilperico (il re morto), che ebbe larga influenza nella conversione del marito alla religione cristiana. Proprio dalla parentela, infatti, Clodoveo trasse motivo di legittimazione a prendere parte nelle questioni dinastiche dei Burgundi: riuscì a dividere i due fratelli, Gundobaldo e Godigisel. Nel 500 mosse contro il primo e nei pressi di Digione riuscì a sconfiggerlo, avanzando fin quasi ad Avignone; Gundobaldo si sottomise, promettendo (senza tenere fede, in realtà) di pagare un tributo; da ciò Clodoveo fu spinto a ritirarsi mentre il re burgundo rivolse contro il fratello la propria acredine e ordinò che venisse ucciso in una chiesa a Vienne. Restato solo re del popolo, Gundobaldo portò avanti il periodo più breve ma anche più importante del regno burgundo. Benché tra Franchi e Visigoti esistesse un'aperta divergenza, come più velato era il dissidio fra Ostrogoti e Franchi, Gundobaldo non seppe trarne vantaggio e, contro i visigoti, si alleò con Clodoveo, cui diede un notevole contributo nella vittoria di Vouillé (507) come nell'avanzata nella Septimania, contro Arles, che tentava di conquistare. L'intervento di Teodorico fece indietreggiare Clodoveo, che abbandonò il burgundo; questi, senza averne tratto risultati di rilievo, lasciò la guerra e si trovò in una situazione di tensione ancor più preoccupante: a settentrione e a occidente aveva i franchi e in Provenza e Septimania era stretto dagli ostrogoti. Di quella posizione subì le conseguenze il figlio e successore, Sigismondo, che fu imprigionato in battaglia dai figli di Clodoveo (523); a meridione, il suo regno fu invaso da Teodorico e sul suo trono gli si sostituì il fratello Godomaro. Se nel 524 questi riuscì a ricacciare gli invasori a Vienne (Vézeronce), la quiete durò per poco tempo: nel 534, infatti, il suo regno fu nuovamente invaso dai figli di Clodoveo, Childeperto, Clotario e Teudiperto che, spodestato l'ultimo re, si divisero le spoglie del suo paese. Sigismondo aveva avuto il merito di tentare di salvaguardare l'ortodossia: ne sono prova la convocazione del concilio di Epaone, del 517; le leggi contro gli ariani e la restaurazione del monastero di Agaunum (Saint-Maurice d'Agaune). Il regno di Burgundia o Borgogna continuò a essere distinto dall'Austrasia e dalla Neustria, all'epoca dei re merovingi. Dal confronto fra i due brevi corpi di leggi risalenti al re Gundobaldo, la Lex Gundobauda, che riguardava tutti i suoi sudditi, e la Lex Burgundiorum, che si applicava ai soli romani, risulta già la fusione con la popolazione gallo-romana.